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La Fed alza i tassi e anticipa un altro intervento entro fine anno
Gli Stati Uniti hanno raggiunto l’obiettivo che vorrebbero centrare tutti i paesi che cercano di liberarsi dai morsi di una fase di crisi economica: consolidare la ripresa fino a trasformarla nello scenario abituale
Negli ultimi sette mesi al Federal Reserve ha innalzato il costo del denaro in tre occasioni (dicembre, marzo e giugno) e la reazione delle singole variabili economiche è stata differente. Questo è il segnale migliore della normalizzazione dell’economia.
Il mercato si aspettava questo ritocco da qualche settimana. Il buon ritmo del tasso d’occupazione, la fiducia degli operatori economici e le prospettive sull’inflazione sono tali da supportare il trend rialzista del costo del denaro. L’entità ha risposto alle attese e ha optato per un incremento dello 0,25%, portando il range di riferimento all’1-1,25%. Si tratta del quarto rialzo del prezzo del denaro da quando l’ex presidente Ben Bernanke ha avviato il processo di normalizzazione della politica monetaria nel dicembre del 2015.
E non sarà certo l’ultimo, visto che Janet Yellen ha anticipato un ulteriore incremento entro la fine del 2017. Tutti i membri del Fomc hanno votato a favore della decisione (con la sola decisione contraria di Neel Kashkari, che ha votato a favore della stabilità del costo del denaro).
La Fed considera consolidata la ripresa e sostiene che sia giunto il momento di ridurre le dimensioni del suo bilancio. Questo significa avviare un lento e graduale ritiro delle iniezioni di liquidità utilizzate negli anni più profondi della crisi. Il Fomc punta ad avviare il programma di normalizzazione del proprio bilancio nel corso del 2017, sempre che l’evoluzione dell’economia Usa continui nella direzione intrapresa. L’azione si concentrerà sul non-reinvestimento dei titoli di stato in suo possesso in scadenza. In tal modo, la Fed ridurrà gli asset ospitati nel suo bilancio che, dalla fine del 2014, ascende a 4.500 mld di usd.
In tutti i casi, la normalizzazione del bilancio sarà progressiva e sempre condizionata all’evoluzione dell’economia Usa. La Yellen ha cercato di svincolare la normalizzazione del bilancio dalla politica monetaria, sostenendo che il mancato reinvestimento della liquidità ottenuta dai titoli in scadenza non rappresenta uno strumento di politica monetaria.
I piani della Federal Reserve si concentrano sulla fissazione di un limite al reinvestimento in Treasury bond di 6.000 mln di usd ogni trimestre, fino al raggiungimento di quota 30.000 mln in dodici mesi. Nel caso degli assets di natura ipotecaria, inclusi nel suo bilancio, il ritmo di riduzione sarà inferiore. Il limite iniziale sarà di 4.000 mln e andrà aumentando di altri 4.000 mln ogni trimestre fino al raggiungimento di una quota annua di 20.000 mln di usd.
In siffatto contesto, la normalizzazione della politica monetaria è di fondamentale importanza se non si vogliono ripetere gli errori commessi in passato. La Fed ha attualizzato mercoledì scorso le sue previsioni macroeconomiche con cambi significativi: una riduzione del tasso di disoccupazione che lascia l’economia già in una situazione tecnica di piena occupazione.
La crescita non si sta traducendo in un’accelerazione dell’inflazione e offre margini per ulteriori rialzi dei tassi d’interesse. Le nuove stime messe a punto dalla Fed includono un taglio della stima sull’Ipc fino all’1,6%. L’inflazione dovrebbe accelerare nel biennio 2018-2019, ma non oltre il 2% indicato dal target inflation.