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I limiti dell'auto
In questi giorni si è fatto un gran parlare delle possibili operazioni societarie che coinvolgerebbero il gruppo Fca con possibili acquirenti, di tutta l'azienda o solo di alcuni asset, provenienti dalla Cina. La cronaca finanziaria fornisce l'occasione per analizzare, almeno in superficie, un comparto spesso trascurato da osservatori e analisti, ossia l'auto. La ragione per cui spesso questo fondamentale segmento dell'economia globale viene ignorato nei report sta da una parte nella sua enorme complessità, tra produttori di veicoli, fornitori di migliaia di componenti e servizi accessori, dall'altra nel fatto che l'automobile spesso sfugge a logiche interamente economiche. Basti pensare che in molte realtà nazionali le sue alterne fortune spesso vengono associate all'andamento dell'economia locale in generale.
In un certo senso questo approccio non è del tutto sbagliato. Innanzitutto infatti va ricordato che questo segmento rappresenta tuttora quello più rilevante in termini di quota del Pil mondiale. A seconda delle varie stime, se contiamo il fatturato derivante dalla vendita dei nuovi veicoli (che incorporano quindi le vendite di componenti), l'usato, i carburanti, la manutenzione e i componenti after-market, nonché gli interessi generati dai piani di finanziamento, arriviamo intorno al 5-6% del Pil mondiale nel 2016 (a seconda delle stime).
Un elemento che però si può subito notare è che un settore che coinvolge migliaia e migliaia di aziende in ogni gruppo della filiera non presenta moltissime opportunità di investimento. Infatti l'indice più vasto e onnicomprensivo per quanto riguarda le aziende legate all'auto quotate in borsa è l’Msci Acwi Automobile and Components. Esso comprende 80 titoli fra imprese che sfornano il prodotto finito e sub-fornitori, con una capitalizzazione (calcolata per free-float) che al 31 luglio 2017 era di poco più di un trilione di dollari.
Si tratta di meno del 2,5% del totale alla stessa data dell’intero Msci Acwi, che comprendeva 2.497 aziende. All'interno di questo indice, che raccoglie i maggiori 47 mercati sviluppati ed emergenti del mondo, l'auto rappresenta un sottoinsieme di un singolo settore, quello dei beni di consumo discrezionali. È interessante notare la composizione geografica e le caratteristiche di capitalizzazione di queste 80 società.
Partiamo dal secondo aspetto: sempre a fine luglio la capitalizzazione mediana era pari a circa 7,8 miliardi di dollari, un buon miliardo superiore al dato equivalente per l’Msci Acwi generale. La capitalizzazione media nell'auto, però, non raggiungeva i 13,2 miliardi di dollari, mentre il benchmark mondiale presentava cifre superiori a 17 miliardi. Infatti l’Msci Acwi Automobile and Components presentava una sola azienda con capitalizzazione superiore a 100 miliardi di dollari, ossia Toyota Motor Corp, che con i suoi oltre 147 miliardi circa forniva grosso modo il 14% del totale. Al secondo posto troviamo la tedesca Daimler con 67 miliardi: queste due società costituivano gli unici due gruppi con valore borsistico superiore ai 50 miliardi di dollari.
Se poi analizziamo la suddivisione geografica, scopriamo che oltre il 37% del totale proviene dal Giappone, cui fanno seguito gli Usa con il 19,3% e la Germania con il 16,3%. Dopodiché si scende al 6,3% della Francia e al 5,2% della Corea del sud. Come si può vedere, un'allocazione territoriale piuttosto peculiare, fortemente ciclica, in un comparto di per sé già ciclico. Non sorprende che esso presenti caratteristiche di elevato beta e di forte volatilità, che ne limitano fortemente l'attrattiva.
Ma ci sono altri elementi interessanti da scoprire e che verranno analizzati nei prossimi articoli.