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Pro e contro le divise digitali
Una delle incertezze più sottolineate delle cripto divise risiede nell’assenza di una qualche forma di legittimazione da parte di qualche governo o istituzione monetaria. Ma non sempre questo è un fattore chiave.
Questo dato assume un’importanza significativa perché si traduce nell’assenza di un emittente di riferimento a livello internazionale, nella conseguente assenza di una quotazione ufficiale sui mercati regolamentati e, infine, nel totale isolamento da quelle che sono le dinamiche che regolano l’economia mondiale.
L’altra grande incertezza è quella mostrata dai grafici. Il comportamento del bitcoin – la moneta digitale più celebre e decantata- negli ultimi tre anni, periodo in cui ha accumulato una rivalutazione del 1.800%, anticipa di ben sette anni la formazione dell’enorme bolla speculativa che coinvolse le società del settore tecnologico. L’indice Nasdaq 100 ha impiegato dieci anni per accumulare una rivalutazione dai connotati simili prima di far tremare la totalità del mercato finanziario. In un lasso di tempo similare, né la bolla petrolifera, scoppiata nel 2008, né quella dell’argento, esplosa nel 2011, hanno raggiunto tali dimensioni. E neanche quella immobiliare, nonostante la grande corsa al rialzo pre-2008, ha percorso tanta strada prima di sgonfiarsi.
Dinanzi quest’ultima evidenza, esiste un’argomentazione che, pur non negando l’esistenza di una bolla speculativa, ritiene che tutte le asset class interessate da un fenomeno di questo tipo continuino ad esistere. Le società tecnologiche, per esempio, hanno conquistato una posizione privilegiata nell’economia mondiale. Il tanto discusso business della rete ha saputo creare colossi del calibro di Alphabet e Amazon, società che rivestono un ruolo cruciale nell’economia mondiale.
Il comportamento delle cripto divise riunisce tutti gli aspetti di una bolla classica. Se utilizziamo il linguaggio diffusosi nel corso della nuova rivoluzione digitale, che considera ‘minatori’ i generatori delle divise digitali, il tutto ci ricorda la febbre dell’oro. Attualmente il bitcoin ha raggiunto una quotazione pari a tre volte quella dell’oncia di metallo giallo.
Spostando l’attenzione sulle ragioni esposte a supporto delle cripto divise, molti argomentano che la radice digitale di queste valute non debba rappresentare un fattore di preoccupazione perché le divise attualmente presenti sui mercati sono già in parte supportate da bits e non da banconote e monete. Un altro fattore a supporto del bitcoin è che alcuni governi e alcune imprese, in particolare in Asia, hanno cominciato ad accettare il bitcoin come strumento di pagamento.
Secondo il senior research advisor Dan Davies, che fornisce una spiegazione coerente di come è stata creata la rete e anche un metodo di valutazione rigoroso, il Bitcoin ha potuto costruirsi una rete di utenti perché risponde a una chiara esigenza economica: finanziare transazioni per le quali, data la natura illecita, la moneta esistente comportava uno svantaggio. Questo non spiega interamente il motivo del successo nella creazione della rete: bisogna capire perché chi si dedica al traffico di droga abbia deciso di adottare il bitcoin. Il vantaggio iniziale sarà stata quell’arguzia da nerd, ma al di là delle dubbie origini, potrebbe essere davvero la moneta più intelligente di sempre. È probabile che i primi scopritori si siano detti: “è troppo ingegnosa per non usarla”. Il bitcoin rivela ciò che dovremmo già sapere della moneta, ma spesso non è chiaro, ossia che la moneta non ha “garanzie” e il suo valore risiede semplicemente in una massa critica di utenti esistenti.
Nonostante ciò, è arduo aspettarsi che nel breve termine venga risolto il problema principale di queste divise: la liquidità. Recentemente la Sec (Securities and Exchange Commission) ha negato la commercializzazione di veicoli d’investimento focalizzati sul bitcoin ed ha messo in discussione la creazione di nuove cripto divise. Nelle ultime settimane, anche le autorità cinesi hanno sottolineato la loro contrarietà alla diffusione del fenomeno.