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L’Italia non teme l’incertezza elettorale
La ripresa del paese è diventata autosufficiente, in quanto sia la fiducia delle imprese (PMI Composite a 56.5 punti) che il sentiment dei consumatori (poco sotto il suo livello record) sono notevolmente migliorati dalla scorsa estate.
In un orizzonte di medio termine, la sostenibilità del debito è migliorata, grazie al fatto che il tasso di interesse medio pagato sul debito in essere sta diminuendo, il tasso di crescita nominale è cresciuto e il saldo primario dovrebbe rimanere invariato. Di conseguenza, il FMI stima che il rapporto debito/PIL italiano tocchi quota 120% nel 2022, in calo dal 133% registrato nel 2017.
Dal punto di osservazione dei mercati finanziari, la buona notizia è che il referendum sull’euro e qualche forma di ripudio del debito pubblico sono usciti dalle agende di alcune forze politiche. La cattiva è che è in atto una rincorsa a promettere decise marce indietro su alcune riforme e provvedimenti introdotti negli ultimi anni e l’introduzione di misure dal costo relativamente elevato e la cui copertura è nebulosa. Nonostante questo, uno sguardo al pricing degli assets domestici mostra che sinora le elezioni politiche non hanno innescato un meccanismo di costruzione di un significativo premio al rischio politico.
Lo spread Btp-Bund ha ritracciato l’allargamento di dicembre e, a attorno ai 135 punti base, non è distante da quello che viene considerato il suo valore di equilibrio (attorno a 120-130 punti base) basato su elementi fondamentali (essenzialmente ciclo e finanza pubblica)
Il FTSEMIB è su di circa il 8,5% da inizio anno e sta sovraperformando lo Euro Stoxx di circa il 4%, grazie alla buona performance delle banche (e al loro peso nel FTSEMIB relativamente maggiore rispetto all’Euro Stoxx).
La ragione principale di questa calma relativa è rinvenibile nei report sull’argomento che le banche d’investimento internazionali stanno sfornando quotidianamente. Facendo violenza ai dettagli delle analisi, e sintetizzando quelle che sono le aspettative sul punto di arrivo finale di questa tornata elettorale, emerge un chiaro consensus su uno scenario centrale che può essere sintetizzato così: a fronte delle caratteristiche della legge elettorale, gli attuali sondaggi rendono un risultato inconclusivo, in cui nessuno dei tre schieramenti ottiene la maggioranza dei seggi, lo scenario più probabile.
A quel punto seguirà uno scioglimento delle attuali coalizioni e una successiva ricomposizione, agevolando un governo di larghe intese. Un governo simile manterrebbe il paese su un sentiero di collaborazione con le istituzioni UE e di disciplina sui conti pubblici. In prospettiva, e con ancora sei settimane al voto, la variabile cruciale per confermare o meno questo scenario sarà l’evoluzione dei sondaggi.
Questo scenario spiega perché l’incertezza dovuta alla tornata elettorale non dovrebbe distogliere il Paese dal cammino intrapreso. Grazie alla nuova legge elettorale, Rosatellum, è molto improbabile che si formi un Governo formato da partiti anti-establishment. Ciò riduce quindi in modo significativo il rischio di coda che l’Italia lasci la zona euro, per ora. Lo scenario più probabile è che si crei un parlamento sospeso, ma ciò non rappresenterebbe di per sé una minaccia per la zona euro, in quanto una grande coalizione potrebbe gestire la situazione.