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Gli EM hanno meno paura degli shock
In generale, i mercati emergenti potrebbero essere in grado di reggere meglio a potenziali shock di mercato. Il progresso continuo e lo sviluppo economico hanno offerto delle solide basi per la stabilità economica.
La forza del dollaro genera meno preoccupazioni, visto il calo della proporzione del debito in dollari a breve termine e il generale miglioramento delle partite correnti. L’inflazione interna potrebbe essere controllata attraverso una politica monetaria più credibile. Il protezionismo in ambito commerciale, proveniente principalmente dagli Stati Uniti, potrebbe essere controbilanciato dall’espansione delle relazioni intra-regionali e da quelle sul piano del commercio globale. Attualmente, c’è una miglior gestione dei bilanci fiscali; per esempio la Russia vuole ridurre il “breakeven petrolifero” del proprio budget per adattarsi alla fluttuazioni dei prezzi del greggio.
Le riforme governative continuano a rafforzare velocemente le basi dell’economia. Per esempio, il Brasile si sta concentrando sulla riforma delle pensioni e sulle politiche per combattere la corruzione, mentre il Messico ha stanziato un ampio programma che comprende riforme in ambito energetico, lavorativo e dell’istruzione. La Cina, invece, sta riducendo ampiamente la capacità delle imprese pubbliche e sta attuando operazioni di de-leveraging.
La Fed ha indicato bene ai mercati quale sarà la velocità della normalizzazione dei tassi di interesse statunitensi. Detto ciò, appare opportuno tenere sotto controllo l’inflazione Usa – dove stiamo assistendo a un incremento di alcune misure – e i rendimenti dei bond, nel caso in cui gli sgravi fiscali dovessero tradursi in un finanziamento alla spesa pubblica. Tutto questo potrebbe causare un cambiamento dell’attuale traiettoria dei tassi di interesse.
A gennaio, i mercati emergenti sono avanzati rapidamente e abbiamo assistito a forti afflussi in questa asset class. Gli investitori dovrebbero tenere a mente che, in concomitanza dell’incremento delle valutazioni, anche una qualsiasi pubblicazione di dati o un minimo evento potrebbero scatenare la volatilità del mercato e il profit-taking, nonostante una visione positiva a lungo termine.
Le economie dei Paesi emergenti sono oggi più resilienti rispetto alle precedenti crisi, in particolare rispetto al ”taper tantrum” del 2013. Nel post crisi le economie emergenti hanno riequilibrato la propria posizione esterna. Molto più limitati sono stati i miglioramenti sul fronte fiscale. Detto questo, quando si guarda alla vulnerabilità esterna, molte economie dei Emerging Market presentano posizioni soddisfacenti. Bilancia dei pagamenti in ordine, livello delle riserve valutarie adeguato, debito esterno limitato e scadenzato nel tempo. Mauro Ratto, head of Emerging Market di Amundi, sostiene che spiccano da questo punto di vista Paesi come la Russia. Decisamente più esposta sul fronte del bilancio pubblico considerata la propria dipendenza dal petrolio. Il Brasile è un caso limite in cui le potenziali difficoltà legate al bilancio pubblico vengono compensate da una posizione esterna molto forte.
In zona retrocessione troviamo economie come la Turchia; un forte disavanzo di partite correnti finanziato essenzialmente da flussi finanziari, riserve valutarie limitate e una banca centrale la cui azione sembra essere in ritardo rispetto a tassi di inflazione elevata, sono elementi che connotano una situazione di alto rischio per la valuta turca.