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Il variegato universo delle divise emergenti
Capire quali sono le divise emergenti che presentano il maggiore potenziale di rivalutazione è un esercizio fondamentale per selezionare i listini e anche i bond in grado di offrire sul breve periodo del valore
Dopo avere analizzato come l'etichetta emergente oggi non abbia più molto senso e dopo avere visto come invece questo variegato gruppo di paesi potrebbe essere diviso, secondo gruppi che abbiano un minimo in più di senso, questa volta proviamo a vedere dove nei prossimi mesi potrebbero annidarsi occasioni all'interno dell'insieme.
Per fare ciò partiamo da una semplice analisi circa l'andamento delle valute di alcune delle principali nazioni di questo gruppo. Partiamo dividendo la nostra analisi fra economie con un saldo positivo di partite correnti ed economie in deficit.
Per tentare di capire cosa è successo a livello di Forex ci serviamo come punto di partenza di un'analisi di Pictet Asset Management che per l'appunto ha creato due indici valutari sulla base del saldo con l'estero di varie economie emergenti. Nel primo gruppo troviamo: Cina, Corea del sud, Israele, Malesia, Polonia, Repubblica Ceca, Russia, Singapore, Taiwan e Thailandia. L'inclusione di un'economa come Singapore , il cui pil pro-capite è circa del 50% superiore (a livello nominale) rispetto ai valori mostrati da Regno Unito e Francia, potrebbe fare alzare qualche sopracciglio, in realtà però a livello di reddito fisso la possente città stato del Sud Est asiatico viene ancora inserita nel novero degli emergenti.
Fra le realtà invece in perenne deficit di partite correnti sono state scelte le seguenti per la costruzione dell'indice: Argentina, Brasile, Cile, Filippine, India, Indonesia, Messico, Perù, Romania, Sud Africa e Turchia. Come base di partenza è stato presa la metà di aprile del 2018: da allora il dollaro nei confronti del gruppo delle nazioni in deficit ha visto nei 5 mesi successivi una crescita di circa il 9%. Nei confronti delle economie competitive l'apprezzamento del dollaro ha superato il 5%.
All'interno di quest'ultimo gruppo però particolarmente negativo è risultato l'andamento del cambio delle economie più industrializzate del Nord Est asiatico, con un trend particolarmente marcato in Cina. Infatti il Dollaro è cresciuto nei confronti dello Yuan di qualcosa come l'8,5% nei 5 mesi a partire da metà aprile. Va detta una cosa: a differenza delle monete dei paesi in deficit quelle del Nord Est dell'Asia avevano visto una prima parte dell'anno molto buona. Certo è che quando l'orizzonte di una possibile guerra commerciale ha cominciato a diventare una minaccia seria le perdite sono state repentine e decisamente lineari.
A mostrare maggiore stabilite sono state le realtà più competitive dell'Est Europa, specificatamente Repubblica Ceca e Polonia, nonché la Russia che sta finalmente trovando un suo equilibrio dopo anni molto difficili, grazie ovviamente anche alla ripresa dei corsi del greggio. In Asia Malesia e Thailandia invece godono ancora di una solida fiducia da parte degli investitori, essendo economie in piena ripresa dopo una ristrutturazione durata anni e che presentano caratteristiche sia del Nord che del Sud del Continente.
Un aspetto interessante di questa ricerca sta nel paragone con quanto avvenuto nel 2013, ai tempi del famigerato taper tantrum, che diede il là a un triennio di crisi nera per molti emergenti. Più o meno gli asset di tali economie cominciarono a scricchiolare nello stesso periodo primaverile. E' interessante notare come però nei 5 mesi in questione all'epoca la svalutazione fu molto minore: versus l'insieme dei deficitari il Dollaro all'epoca guadagnò circa un 6%, mentre versus le partite correnti positive si limitò a un +3%. E' vero che per le nazioni più fragili il resto del 2013 proseguì con un bagno di sangue, tanto che a fino anno la rivalutazione del biglietto verde rispetto a tale raggruppamento di economie fu di circa il 13% (mentre gli esportatori netti rimasero stabili, in tale ambito un calo valutario significativo non si è visto fino al 2015-2016), è però probabile che in questi mesi i mercati abbiano probabilmente esagerato un po'.
Il Forex infatti ha finito per fare da spugna assorbendo gran parte della volatilità presente sui mercati, di conseguenza un riaggiustamento verso valori meno drammatici è più che possibile, è difficile però che a beneficiarne sarà una vasta quantità delle economie prese in considerazione.