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Lo yuan, una buona occasione se i mercati tengono
La volta scorsa avevamo visto che il dollaro, non da ieri ma da diversi anni, sta dimostrando tutto sommato una forza non elevatissima, almeno sulla base dei fondamentali economici relativi e dello scarto di politica monetaria che vi è con quasi tutto il mondo industrializzato. Se esaminiamo, ad esempio, il Dollar Index, che comprende il cambio del biglietto verde contro sei delle principali divise di paesi avanzati, si può vedere che appunto la moneta Usa è rimasta in un ampio trading range negli ultimi cinque anni, dopo un forte rafforzamento della divisa americana nel periodo che ha seguito la crisi finanziaria.
Per certi versi in quella fase si è andati a correggere il prolungato bear market del dollaro dei primi anni 2000, che era giunto a eccessi che non avevano senso: nel 2008, poco prima del grande disastro, l'Italia toccò il proprio livello di Pil pro capite più elevato e a livello reale tale soglia non è ancora stata superata 10 anni più tardi. Applicando il cambio dell'epoca, il nostro paese vantava un Pil per abitante che era in dollari circa il 90% di quello degli Stati Uniti a livello nominale: è evidente che non ci vuole un genio dell’economia per capire che l'euro oltre un decennio fa era mostruosamente sopravvalutato.
Se un riequilibrio è avvenuto, senza però vedere un'esplosione del biglietto verde al rialzo, dato il quadro attuale, non ci si sorprenderebbe vedere una gamba al ribasso. Se prendiamo uno scenario economico ragionevole, con un rallentamento generale lontano però dalla recessione e una convergenza degli Usa verso il resto del mondo, sarebbe lecito attendersi una Fed meno aggressiva, anche se magari non totalmente supina ai voleri della Casa Bianca.
Questa tesi è compatibile peraltro con mercati in generale in buona ripresa, elemento di solito non favorevolissimo al dollaro. Se poi varie aree del mondo, dall'Europa agli emergenti, uscissero con dati appena al di sopra delle aspettative, allora il fenomeno diverrebbe ancora più accentuato.
Certo, in condizioni di crisi economica non sarebbe impensabile tornare allo scenario classico di fuga dei capitali verso gli Usa, Il peggiore dicembre per l'equity globale da decenni non ha però lo scorso anno mostrato questo tipo di sviluppi.
A questo punto viene da chiedersi: come puntare su un movimento al ribasso del dollaro? Le opportunità sono molte, ma per chi appare particolarmente propenso al rischio forse vale la pena spostarsi anche in questo caso in Cina. Lo yuan, infatti, è una valuta che è sopravvissuta l'anno scorso a una delle ondate di sentiment più negative sui mercati finanziari cinesi che si siano mai viste. A un certo punto il gigante asiatico sembrava impelagato in uno di quei crolli verticali tipici delle divise dei paesi emergenti in crisi. Così, però, non è stato e anzi di recente si è vista una certa forza.
Le autorità cinesi, pure con tutti i loro difetti, non si sono impegnate in politiche folli modello Argentina, Turchia o Brasile. Il paese continua a mettere a segno mese dopo mese surplus commerciali notevoli, con un saldo di partite correnti in territorio positivo, mentre a livello di parità di potere d'acquisto la moneta non appare né particolarmente economica né sopravvalutata. Certo vi è il rischio che l'economia cinese si deteriori ulteriormente e parta una nuova fase di svalutazione, difficilmente contrastabile dal governo, che nel corso degli anni ha lasciato sul terreno un trilione di dollari in riserve.
Se però il sentiment globale continuasse a essere positivo, i margini di apprezzamento, con la possibilità in più di lucrare buoni carry sull'obbligazionario locale a breve termine, sono notevoli. E varrà la pena in un prossimo articolo vedere come ridurre un poco i rischi di un trade del genere.