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Lo strano boom di Seoul
Il 2019 si è aperto decisamente bene per i mercati, dopo un finale da tregenda. Fra le borse che hanno meglio performato si può annoverare quella coreana: il Kospi, l’indice azionario di riferimento della borsa di Seoul, infatti, è dall'inizio dell'anno in rialzo di circa l'8%, un valore superiore a quello di quasi tutti i mercati del mondo, sia sviluppati, sia emergenti. Per dare un’idea della situazione complessiva, l'S&P 500 si trova attualmente su di circa il 5,3%, lo Shanghai Composite registra + 3,3%, il Nikkei 225 +2,7%, mentre il Dax si è fermato a +5,9%. Questa performance fa seguito a un 2018 disastroso in cui fu perso quasi il 18%, dividendi a parte.
L’andamento dell’indice azionario coreano in questo contesto stupisce per il suo comportamento del tutto irrazionale. Né la legnata dell'anno passato, peggiore rispetto a quella subita da diversi emergenti neppure vagamente paragonabili alla Corea per livello economico, né la forte ripresa attuale sembrano trovare motivazione nei fondamentali.
Il Kospi, se analizzato in relazione a qualsiasi metrica, è uno dei benchmark più sottovalutati della terra, il che offre sicuramente un appeal value non in differente. La situazione dell'economia coreana, però, non è particolarmente entusiasmante e nel complesso neppure disastrosa.
Il paese vanta un quadro economico molto simile a un'Europa a metà fra quella del sud e quella del nord, con redditi, consumi e altri parametri. paragonabili a quelli di Francia e Nord Italia. In questo quadro la distribuzione dei redditi non è delle più auspicabili, con pesanti sacche di miseria (soprattutto concentrate nella fascia più anziana della popolazione) dovute alla mancanza di un welfare anche solo minimamente paragonabile a quello di un paese ad alto reddito, Repubblica Ceca inclusa.
Il Pil l'anno scorso è venuto su del 2,7%, un valore comunque discreto, aiutato anche dall'aumento del 2,8% dei consumi, spinti dall'incremento della paga minima (attualmente pari a 8350 won l'ora, circa 6,5 euro) voluto dall'attuale amministrazione di centro-sinistra. Alcune parti dell'economia coreana, come la famigerata industria dell'entertainment locale, i duty-free shop e il ruggente comparto biotech sono in pieno boom. Altre industrie fondamentali e di dimensioni enormi, come l'engineering&costruzioni, il petrolchimico, la cantieristica e l'auto sono in stagnazione se non addirittura impelagate in una crisi strisciante.
I colossi dell'elettronica locali, in compenso, hanno vissuto un ciclo di crescita pazzesco, soprattutto generato da alcune nicchie come i chip di memoria. Boom che è andato progressivamente scemando l'anno scorso. Senz'altro non è strano che i mercati anticipino il futuro, certo è che fa un po' specie vedere Samsung Electronics, che rappresenta da sola un quarto del listino totale, andare incontro a un'annata di forti cali nel 2018 a fronte di utili record, mentre l'azione ha ripreso a salire dopo una trimestrale disastrosa che ha riportato il livello di profitti a più di un biennio fa, prima dell'esplosione dei chip.
In definitiva per il rerating attuale non vi è alcuna seria ragione, come non ce n'era nessuna che giustificasse il cupio dissolvi di prima. Diciamo che il fenomeno cui si sta assistendo appare come il susseguirsi di due outlier statistici di segno opposto che si annullano, due manifestazioni di irrazionalità che alla fine forse creano un equilibrio ragionevole.
Quali prospettive vi sono per tale piazza? Probabilmente, in uno scenario ragionevole, più che discrete. Qualche dettaglio in più può essere interessante esaminarlo in un successivo articolo.