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Immobili, rivalutazione o rendimento?
In un precedente articolo abbiamo visto che un appartamento dotato di una serie di caratteristiche intrinseche positive, come la zona prestigiosa, il buon livello della costruzione, il fatto di essere situato ai piani alti, trova molto velocemente un acquirente e spesso a prezzi crescenti. In pratica, per le abitazioni di prestigio la ripresa delle quotazioni è avvenuta da tempo, anche se il mercato immobiliare nella sua globalità appare abbastanza fermo.
Ma a un investitore occorre una notevole dose di razionalità o quanto meno la consapevolezza che il rendimento che si può ottenere è spesso tutt’altra cosa rispetto alla rivalutazione. I due parametri sono spesso nettamente in contrasto.
Facciamo due esempi pratici.
Appartamento piccolo di prestigio. Abbiamo già portato come esempio di appartamento che si vende senza problema alcuno a prezzi crescenti una casa situata intorno a via Eustachi a Milano di circa 80 metri quadrati, balconi compresi. Il prezzo di vendita era di 400.000 euro, tutto sommato tutt’altro che economico, per un bilocale sia pure grande, visto che si arriva a circa 5 mila euro al metro quadrato. Nonostante tutto ciò, sono bastate poche ore perché questo immobile venisse aggiudicato.
Non solamente: probabilmente se fosse rimesso in vendita a una cifra di 420-430 mila euro troverebbe ugualmente un compratore, magari in tempi un po’ più lunghi, ma si arriverebbe sicuramente a concludere la compravendita con una plusvalenza del 5-7,5%.
Se il medesimo immobile venisse affittato, difficilmente si potrebbe ricavare un affitto superiore a 1.200 euro al mese, con la possibilità di dovere addirittura scendere. Il ricavato lordo annuo sarebbe a questo punto di 14.400 euro lordi annui, vale a dire il 3,6%. Su questo rendimento vanno però calcolate le spese a carico del proprietario e le tasse: a spanne circa il 50%, il che comporta che il rendimento netto scenderebbe all’1,8%.
Appartamento periferico da affittare a studenti. Anche in questo caso prendiamo un esempio reale: un bilocale con cucina abitabile situato in uno stabile non particolarmente lussuoso, ma neppure degradato di via Padova a Milano. Questa via, come diverse altre nel capoluogo lombardo, gode di una fama sinistra e i prezzi degli immobili sono scesi a picco, anche se la parte più periferica della strada paradossalmente ha molti meno problemi della zona più centrale che parte da piazzale Loreto.
L’appartamento preso come esempio costa intorno a 100.000 mila euro al metro quadrato e ha una metratura di circa 70 metri quadrati. È a un piano basso e non ha balconi, quindi non presenta caratteristiche di appetibilità. Nella zona, però, un po’ per la presenza della metropolitana, un po’ per la vicinanza all’università del San Raffaele, c’è un vivace mercato di affitti a studenti. E senza essere particolarmente speculatori, l’appartamento in questione può essere affittato a tre persone, di cui due a 250 euro ciascuno nella stanza più grande e uno da solo nella stanza più piccola a 400 euro. Totale 900 euro al mese lordi, 10.800 annui. In questo caso il rendimento lordo è del 10,8%, che scende al 5,4% netto.
Conclusione. Al di là di ogni altra considerazione, muovendosi con la mentalità dell’investitore puro, il rendimento che si può ricavare da un immobile di buon livello è certamente inferiore rispetto a quello che si ottiene affittando una casa di scarso valore. Nel momento in cui si vanno a rivendere i due immobili, però, la differenza è tutta a favore di quello di maggiore prestigio, che probabilmente ha messo a segno una rivalutazione più che discreta, che sicuramente non si può trovare nell’appartamento di minore valore. Non solamente: vendere un’abitazione con scarso appeal non è per niente facile e in certi casi, se non si vuole perdere, si rischia di aspettare anni.
Quale delle due ipotesi è migliore? La scelta non può che essere dell’investitore.