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Immobili: mille miliardi per attuare direttiva green Ue
L'Italia ha uno dei patrimoni immobiliari più vetusti, col 63 per cento in classe energetica F e G. Questo dato è molto superiore a quello di Germania, Spagna e Francia. L'obsolescenza è una delle principali cause di inefficienza energetica che ha spinto l’Ue a promuovere la direttiva green.
L’Italia vanta, con orgoglio, un record che scaturisce dalla spiccata preferenza dei cittadini per il mattone, ovvero registra uno dei più elevati tassi di proprietà individuale di abitazioni. A questa eccellenza, tuttavia, fa da contraltare un altro primato poco invidiabile: nel nostro Paese è presente uno dei patrimoni immobiliari più vetusto del mondo occidentale.
E questa sua caratteristica comporterà per gli italiani un grande sforzo, soprattutto finanziario, per attuare la direttiva Ue Case Green. È quanto emerge da un’analisi di Deloitte presentata all’evento “Greenhouse Legislation: black hole or pink future per il Real Estate italiano?”. Nel dettaglio, secondo lo studio, saranno necessari investimenti tra 800 e mille miliardi di euro per riqualificare il patrimonio immobiliare secondo le norme varate da Bruxelles, visto che oltre l'83% dei nostri edifici residenziali (otto su dieci) è da ritenere obsoleto, perché costruito prima del 1990 (contro una media Ue del 76%) e più della metà (57%) risale a prima degli anni ’70.
A fare la differenza è l’obsolescenza degli edifici
Ma il punto critico non è tutto qui e interessa - secondo la rielaborazione di Deloitte da dati Istat – un parco immobiliare che nel 2024 risulta costituito da più di 13 milioni di edifici, di cui circa l’89% ad uso residenziale. C’è infatti da affrontare anche il problema dello stato in cui versano questi immobili, tenuto conto che nel Paese le case di classe energetica F e G (le peggiori) sono ben il 63% del totale del nostro parco immobiliare residenziale. Cifra molto distante, dunque, dalle realtà che possiamo trovare in Germania (45%), Spagna (25%) e Francia (21%). L’obsolescenza degli edifici, secondo gli esperti, è considerata una delle principali cause di inefficienza energetica degli immobili ed è il motivo che ha spinto la Commissione a promuovere la direttiva green.
La direttiva può stimolare la crescita del Paese
Nonostante questa base di partenza, c’è comunque la possibilità di rendere la Direttiva Europea un’opportunità di crescita per il Paese. Per farlo, secondo Claudio Scardovi, Partner Deloitte, responsabile per M&A e Private Equity, serve però una soluzione sistemica capace di indirizzare le criticità patrimoniali ed economiche che la direttiva ‘Energy Performance of Buildings Directive’ potrebbe far ricadere sui cittadini e sul sistema bancario in assenza di una strategia coordinata. Occorre, in particolare, un piano programmatico che coinvolga developer e costruttori, investitori istituzionali e retail e il sistema bancario, con il contributo mirato dello Stato, a supporto del ‘built environment’ del Paese e di un settore strategico per la competitività e per il benessere di tutta l’Italia.
L’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050
La nuova legislazione europea, in vigore dal 28 maggio, introduce misure per migliorare l'efficienza energetica degli edifici, riducendo consumi energetici ed emissioni di CO2. L'obiettivo è raggiungere la neutralità climatica degli edifici entro il 2050 tramite la riduzione del consumo energetico, con l'eliminazione delle caldaie a combustibili fossili a favore dei pannelli solari. Ogni Stato membro potrà applicare la normativa autonomamente, purché almeno il 55% della riduzione energetica provenga dalla ristrutturazione degli edifici meno efficienti. In questo contesto però, come abbiamo visto, l’Italia è strutturalmente molto indietro rispetto agli altri Paesi europei.
Rischio stress per sistema bancario senza visione sistemica
Per la sua portata, secondo Deloitte, la direttiva ‘Case Green’ potrebbe avere significativi impatti sul sistema bancario italiano se non sarà adottata una visione sistemica. Gli istituti, infatti, potrebbero affrontare un aumento dell'esposizione al rischio, con potenziali svalutazioni degli asset a garanzia ed effetti negativi sui Risk Weighted Assets e sui ‘loan to value’ dei mutui. Inoltre, potrebbe verificarsi una restrizione nell'erogazione del credito e nella vendita di prodotti finanziari legati a immobili con alti consumi energetici, alcuni dei quali potrebbero non essere più affittabili. Infine, una possibile revisione delle regole Ue per le maggiori banche potrebbe avere un impatto maggiore su quelle italiane, data la loro situazione sistemica più sfavorevole. Senza contare, afferma Angela D’Amico, Real Estate Sector Leader di Deloitte Italia, che il parco immobiliare residenziale italiano rappresenta circa il 55% della ricchezza totale delle famiglie e, aggiunge, alla luce di questa realtà è quanto mai necessaria una strategia per far sì che la direttiva non si trasformi in un ‘buco nero’, ma, al contrario, diventi un’opportunità.