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Una Brexit sempre più incerta
Il 29 marzo sarebbe dovuta scattare l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Tuttavia, il fallimento da parte del Governo britannico nel ratificare l’Accordo del ritiro ha spinto l’UE a concedere un’estensione della scadenza dell’Articolo 50. Il Consiglio europeo ha concesso al Regno Unito un’estensione tecnica, dal 29 marzo al 12 aprile, perché il Parlamento inglese approvi il deal superando le divergenze di politiche interna.
In seno all’Europa è al momento prevalsa la linea tedesca di Angela Merkel, favorevole a un’uscita ordinata, rispetto alla linea intransigente contraria ad ulteriori estensioni sponsorizzata, fra gli altri, dalla Francia di Emmanuel Macron. Al momento, gli scenari possibili sono l'approvazione dell'accordo di Theresa May, l'indizione di un nuovo referendum, la revoca dell'art. 50, una Brexit senza accordo o tutto ciò che porta a nuove elezioni.
Se il Parlamento britannico votasse a favore del deal del Governo, allora la Brexit sarà posticipata fino al 22 maggio, consentendo così a tutti i partiti di approvare la legislazione necessaria per assicurare una transizione ordinata della Brexit. Se invece il Parlamento voterà contro il deal, allora il Governo dovrà informare l’UE su come intende procedere entro il 12 aprile.
Il ritiro dell’articolo 50 – ma anche un’estensione lunga “condizionata” concessa dall’Ue – potrebbero generare scenari diversi. L’apprezzamento del mercato rispetto alla rimozione – almeno temporanea – della Brexit potrebbe essere di breve durata nell’ipotesi di una simultanea crisi politica che implichi elezioni generali anticipate.
Nello scenario di prevedibile mancata approvazione della proposta del primo ministro inglese, l’opzione successiva del ritiro dell’art. 50 potrebbe trovare, nel parlamento inglese, resistenze tali da non poter essere superate nel brevissimo tempo a disposizione prima della scadenza del 12 aprile. La valutazione del rischio di crash out non sembra adeguatamente prezzata dalla Sterlina ai corsi attuali. Non si può escludere un innesco sistemico di una Brexit senza un accordo con l'intero universo finanziario. Se il Regno Unito e persino l'Unione europea entrano in recessione, l'impatto sulla crescita globale costringerà i mercati azionari e del credito a rivalutare il rischio di recessione in altre regioni.
La premier britannica Theresa May si è detta pronta alle dimissioni se l’accordo che ha raggiunto con l’Ue verrà approvato dal Parlamento al terzo tentativo, ma questo non ha convinto gli oppositori più convinti. Se Theresa May si dimettesse, allora verrebbe innescata la corsa alla leadership, ma le agenzie suggeriscono che potrebbe essere instaurata una carica ad interim.
Se tale carica dovesse essere presa da un rappresentante a favore del ‘remain’, che promettesse di coinvolgere l’opposizione, allora potremmo probabilmente assistere a una transizione ordinata verso una soft Brexit, che implicherebbe la continuazione dell’appartenenza all’unione doganale. Tuttavia, se dovesse diventare Primo Ministro un rappresentante favorevole a Brexit, allora il rischio di un “no-deal” o di lasciare il Wto permarrebbe, anche in presenza di un periodo di transizione.