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Immobiliare, pochi affari dai negozi
È sempre stato uno dei settori più stabili e più remunerativi dell’immobiliare. L’acquisto di un negozio da affittare, se scelto con attenzione, in zone di buon passaggio (elemento fondamentale in questo comparto) e con locali di buon livello ha sempre fornito ottimi rendimenti (intorno al 5-6% lordo in media, con punte addirittura del 10%) e buone rivalutazioni. Ma a partire dal 2007, anno della crisi immobiliare e dello scoppio della vera e propria bolla che si era creata in quegli anni, anche in questo settore è cambiato praticamente tutto. «Dall’inizio della crisi i negozi posizionati in vie di passaggio hanno perso il 35,0% del loro valore, mentre quelli in vie non di passaggio il 41,1%», afferma l’ufficio studi di Tecnocasa. «I canoni di locazione si sono ridimensionati del 38,1% nelle vie di passaggio e del 43,3% nelle vie non di passaggio. Il settore del commercio ha visto molte attività commerciali chiudere sotto la scure della riduzione dei consumi e dell’avvento dei centri commerciali e dell’e-commerce».
Facendo un po’ di conti in tasca a un investitore medio che ha puntato su un negozio all’inizio del 2008 in una via di passaggio non si può dire che sia stato fortunato. Un rendimento del 6% all’anno lordo può essere considerato buono, ma se si mettono in conto le tasse e le spese a carico del proprietario bisogna preventivare una riduzione del 50%, vale a dire il 3% annuo. In 11 anni, di conseguenza, con un ricavato intorno al 36-37%, calcolando di reinvestire le somme percepite dagli affitti, il nostro investitore è andato a malapena in pareggio. Se poi avesse acquistato un negozio in vie non di passaggio, dovrebbe mettere in conto una perdita del 5-6% nel caso vendesse oggi. Se lo stesso investitore avesse messo i suoi soldi in un listino europeo 10 anni fa avrebbe portato a casa mediamente intorno al 9-10% annuo. Come si può vedere non c’è stata proprio gara tra l’investimento in negozi e quello in azioni europee, che peraltro non hanno avuto un andamento particolarmente brillante.
E per il futuro? Le previsioni non sono particolarmente favorevoli. Quasi tutti gli istituti di ricerca in realtà vedono probabile un aumento delle compravendite, soprattutto per gli immobili di maggiore valore posti in aree di forte passaggio. Ma incrementi dei prezzi non sembrano all’orizzonte, nonostante l’aumento della domanda. Un fenomeno quasi identico a quello che si sta evidenziando nel mercato residenziale.
E un quadro generale piuttosto fosco viene avidenziato da Nomisma, l’istituto bolognese che tre volte all’anno fa uscire uno studio sul mercato immobiliare italiano: «L’insorgere di tensioni istituzionali prima e i riflessi di carattere finanziario che da esse sono scaturiti poi, rappresentano i principali fattori cui ricondurre la flessione degli investimenti immobiliari corporate registrata lo scorso anno (dagli 11 miliardi del 2017 agli 8,6 del 2018) e l’attendismo che caratterizza i primi mesi di questo. A penalizzare il comparto ha contribuito l’accresciuta percezione di rischiosità del nostro paese, scaturita dalla contrapposizione con la commissione europea sugli obiettivi in termini di rapporto deficit-PIil e acuita dal rallentamento economico in atto. In attesa del superamento dell’impasse economico-finanziaria venutasi a creare, il mercato immobiliare evidenzierà nell’immediato un minore dinamismo rispetto all’evoluzione recente. Non si tratta di un’inversione ciclica, ma di una battuta d’arresto indotta da fattori esogeni che non pare in grado di pregiudicare la possibilità di ulteriore espansione a medio termine, sempre che i segnali di recessione economica, oggi ancora timidi, non tendano a rafforzarsi».
Quindi le possibilità di realizzare buoni investimenti nel settore dei negozi possono essere definitivamente archiviate? In realtà, pur in un quadro non facile, alcune opportunità interessanti ci sono. In un prossimo articolo vedremo quali sono.