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Bce: ancora lancia in resta contro l’inflazione
L’inflazione continua a dettare la linea rialzista della Bce, che la stima al 5,4 per cento per quest’anno, al 3 nel 2024 e al 2,2 nel 2025. Intanto l'aumento dei tassi ha influenzato la crescita economica dell'Eurozona, riducendo la crescita dei prestiti e aumentando i costi di indebitamento.
L’inflazione, pur davanti ai chiari progressi registrati in maggio, resta il principale ostacolo perché la Bce arrivi a rivedere nel breve la propria politica rialzista. La stessa Presidente, Christine Lagarde, lo ha detto chiaramente: ha preannunciato un altro ritocco a luglio e, senza alimentare molte speranze, ha detto che la decisione di settembre sarà guidata dai dati che saranno pubblicati nel frattempo. D’altronde, nel suo più recente report, l’Eurotower evidenzia che l'inflazione rimarrà troppo elevata per un periodo prolungato e che il Consiglio direttivo è impegnato a garantire un ritorno tempestivo dell’indice dei prezzi all'obiettivo del 2% nel medio termine.
I motivi che hanno portato alla stretta di giugno
È sempre questo il leitmotiv che, nella riunione del 15 giugno, ha portato all’aumento di 25 punti base dei tre tassi di riferimento: quelli sulle operazioni di rifinanziamento principali portati al 4%, quelli sulle operazioni marginali al 4,25% e quelli sui depositi al 3,50%. Una mossa, hanno spiegato i banchieri, che riflette l'attuale valutazione sulle prospettive di inflazione, sulla sua dinamica di fondo e sull'intensità della trasmissione della politica monetaria. Gli esperti dell'Eurosistema stimano che l'inflazione complessiva si attesti al 5,4% nel 2023, al 3% nel 2024 e al 2,2% nel 2025. Gli indicatori delle pressioni sui prezzi restano elevati, ma alcuni mostrano segnali di attenuazione.
Il denaro più caro frena la crescita
E proprio gli effetti di un costo del denaro più caro sono dietro la lieve correzione al ribasso effettuata dagli analisti della Bce della crescita economica dell’Eurozona attesa per quest'anno e il prossimo, indicata a +0,9% per il 2023, a +1,5% per il 2024 e a +1,6% per il 2025. L'aumento dei tassi d’interesse, precisa infatti il rapporto, sta influenzando la congiuntura dell’area, tramite l’aumento dei costi di indebitamento e il rallentamento della crescita dei prestiti. D’altro canto, ammette la Bce, le condizioni più restrittive del finanziamento sono una ragione fondamentale per il ridimensionamento dell'inflazione previsto dalla Bce, dovuto all'azione frenante in crescendo sulla domanda.
La congiuntura sta già rallentando
L’economia dell’Eurozona negli ultimi mesi ha registrato una stagnazione: nel primo trimestre ha accusato una contrazione dello 0,1% a fronte di un calo dei consumi privati e collettivi. È probabile che la crescita economica resti debole nel breve periodo, rafforzandosi però nel corso dell’anno con il calo dell’inflazione e il continuo attenuarsi delle turbative dal lato dell’offerta. I diversi settori, secondo l’Eurotower, presentano condizioni disomogenee: il comparto manifatturiero continua a indebolirsi, anche a causa della minore domanda mondiale e delle condizioni di finanziamento più restrittive nell’area dell’euro, mentre i servizi seguitano a mostrare capacità di tenuta.
Il mercato del lavoro resta un punto di forza
Per quanto riguarda il mercato del lavoro questo rimane un punto di forza. Tra gennaio e marzo sono stati creati quasi un milione di nuovi posti, mentre in aprile il tasso di disoccupazione si è collocato al minimo storico del 6,5 per cento. Nel frattempo, è inoltre aumentato il numero medio di ore lavorate, sebbene questo rimanga ancora leggermente inferiore al livello precedente la pandemia. Il quadro dovrebbe migliorare nel prosieguo dell’anno, in presenza di una moderazione dei prezzi dell’energia, di un rafforzamento della domanda estera e della risoluzione delle strozzature dal lato dell’offerta, che permetterebbe alle imprese di continuare a smaltire il massiccio arretrato di ordini inevasi.
Prospettive di crescita e inflazione estremamente incerte
La Bce ritiene che le prospettive per inflazione e crescita restino estremamente incerte. Fra i rischi per l’economia ci sono la guerra in Ucraina e le tensioni geopolitiche su più ampia scala, che potrebbero frammentare il commercio mondiale, e se gli effetti della politica monetaria siano più forti delle attese. Le nuove tensioni dei mercati potrebbero determinare condizioni di finanziamento persino più restrittive e così incrinare la fiducia, come una debole crescita globale potrebbe ulteriormente frenare l’attività dell’Eurozona. Fra i rischi al rialzo per l’inflazione ci sono possibili nuove pressioni sui costi dei beni energetici e alimentari, connesse anche alla guerra russa contro l’Ucraina.