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Bce: un occhio sull’inflazione e uno sulla crescita
Le pressioni inflative e l’incerta situazione della pandemia richiedono la massima flessibilità in politica monetaria. Lo dice la Bce, ricordando che l’economia dell’Eurozona continua comunque a puntare al rialzo e che le tensioni sui prezzi si stanno rivelando più durature del previsto.
Il ciclo economico dell’Eurozona continua a puntare al rialzo e il mercato del lavoro registra ulteriori miglioramenti, di riflesso al massiccio sostegno delle politiche economiche. Tuttavia, la presenza della pandemia che grava ancora sull’attività economica lascia prevedere una crescita contenuta per il primo trimestre di quest’anno. È quanto emerge dal recente bollettino economico della Bce, dove sottolinea il fatto che la produzione di alcuni comparti è ancora frenata dalla scarsità di materiali, di attrezzature e di manodopera. Nel report di febbraio l’Eurotower fa il punto anche del quadro inflativo, delle ripercussioni che sta avendo sui mercati finanziari la crisi in Ucraina e, alla luce dell’attuale situazione fluida, conferma un atteggiamento flessibile, aperto a tutte le opzioni, per quanto riguarda la politica monetaria.
Effetto a pioggia dei prezzi energetici alle stelle
In gennaio l’inflazione si è attestata al 5,1% ed è probabile che rimanga elevata più a lungo rispetto alle precedenti attese, per poi ridursi nel corso del 2023. La principale determinate della fiammata sono i beni energetici la cui inflazione relativa, dopo il lieve rallentamento di dicembre, ha aggiornato il suo massimo storico al 28,6%. Infatti, sottolinea la Bce, il loro impatto diretto ha inciso per oltre la metà sull’inflazione complessiva di gennaio e, a pioggia, i costi energetici spingono al rialzo i prezzi in altri settori: dai beni alimentari (che subiscono anche pressioni stagionali) ai trasporti, ai fertilizzanti, ai servizi. Preoccupa il fatto che gli elevati costi dell’energia incidono sui redditi delle famiglie e sui profitti delle imprese e sono probabilmente destinati a produrre un contenimento della spesa.
La situazione richiede flessibilità in materia di tassi
Il ciclo, comunque, risente sempre meno della pandemia e i fattori che frenano produzione e consumi dovrebbero via via calare, consentendo all’economia di ritrovare una forte ripresa nel corso del 2022. Per questo il Consiglio direttivo ha confermato le decisioni assunte nella riunione dello scorso dicembre: continuerà a ridurre gradualmente il ritmo degli acquisti di attività nei prossimi trimestri e terminerà gli acquisti netti nell’ambito del programma PEPP alla fine di marzo. Tuttavia, si sottolinea nel bollettino, alla luce dell’attuale incertezza, la Bce ritiene più che mai necessario mantenere un atteggiamento flessibile e aperto a tutte le opzioni nella conduzione della politica monetaria: pronta ad adeguare i suoi strumenti per assicurare che l’inflazione si stabilizzi sul target del 2% a medio termine.
Primi segnali di allentamento delle tensioni
Dal fronte dell’inflazione arrivano intanto i primi segnali di rientro delle tensioni. Le strozzature dal lato dell’offerta registrate nel mondo - ha rilevato la Bce - evidenziano timidi segnali di allentamento, seppur in un contesto di accresciuta incertezza dovuta agli andamenti della pandemia. A novembre e a dicembre, infatti, è stato osservato un miglioramento dei tempi di consegna dei fornitori a livello mondiale, salvo poi assistere a un’inversione di tendenza a gennaio (e si son rivisti i valori estremi osservati nel lockdown mondiale nel secondo trimestre 2020). I costi del trasporto marittimo su alcune grandi linee commerciali sono in calo, e la produzione automobilistica mondiale ha registrato una lieve ripresa nel quarto trimestre 2021. Il Covid potrebbe condizionare l’offerta nel breve periodo.
I mercati riflettono i timori su tassi e crisi geopolitica
La Bce rileva che, nonostante nell’ultimo trimestre del 2021 la crescita economica dell’Eurozona si sia indebolita, portandosi allo 0,3% congiunturale, alla fine del 2021 il Pil dell’area è tornato sul livello precedente la pandemia. Intanto i mercati finanziari mondiali, dallo scorso dicembre, hanno principalmente rispecchiato maggiori aspettative di un inasprimento della politica monetaria a livello globale. Le quotazioni azionarie, dopo una temporanea puntata al rialzo, sono nel complesso diminuite nel periodo in esame, probabilmente a causa delle pressioni derivanti dall’aumento dei tassi e dei crescenti rischi geopolitici legati alla crisi in Ucraina. In questo contesto, i prezzi delle società non finanziarie dell’Eurozona e degli Usa sono diminuiti rispettivamente dell’1,8% e del 3%.