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Borsa Milano: semestre record, meno per Mid e Small Cap
Trainata dal settore bancario, favorito dal rialzo dei tassi, dal miglioramento del margine di interesse e dalla solidità del capitale, Piazza Affari è quella che nel primo semestre ha performato meglio in Europa. Bilancio in negativo per le small cap, penalizzate dai bassi volumi e dai fondi PIR.
Semestre record per la Borsa di Milano, il cui principale indice è tornato a veleggiare sui massimi degli ultimi 15 anni, ovvero sui livelli che non aveva visto più dal crack di Lehman Brothers (metà settembre 2008). La performance è di tutto rispetto, +19% da inizio di gennaio, e stacca di molto quanto portato a casa dalle altre principali piazze europee, nell’ordine Madrid, Francoforte (attorno al 16% per entrambe), Parigi (+14%), Amsterdam (+12%) e, soprattutto, rispetto al listino londinese (che ha archiviato il semestre con appena +1%). Nonostante questa brillante performance, la prima parte dell’anno per Piazza Affari si è rivelata una medaglia con due facce ben distinte, almeno a vedere l’andamento avuto dalle large cap rispetto al resto del mercato.
Bassi volumi e fattori tecnici fanno la differenza
Nel dettaglio, tra l’inizio dell’anno e il 22 giugno scorso l’indice Ftse Mib ha guadagnato il 15,60%, il segmento Mid Cap il 7,24% e lo star l’1,64%, mentre sono finiti su un terreno negativo i comparti EGM (-2,25%) e Small Cap (-2,3%). Il contrasto risulta anche se si guardano i panieri dei diversi indici: dei 197 titoli dell'FTSE Italia All-Share, ben 91 hanno chiuso con un segno negativo e 106 positivo. Nell’indice FTSE Italia Groth, 93 hanno avuto un andamento negativo e 87 positivo (su 180 titoli in totale). Questa marcata differenza, dice Antonio Amendola, senior fund manager di AcomeA SGR, non rispecchia affatto una netta discrepanza dei fondamentali, anzi il contrario. Infatti, spiega, possiamo attribuirla a motivazioni tecniche legate ai flussi e ai bassi volumi, che hanno colpito soprattutto le mid e le small cap.
Le uscite troppo precipitose dei fondi PIR
Queste società hanno sofferto in modo particolare la rarefazione accusata dai volumi in un mercato distratto non solo dal timore di un rallentamento della crescita dell’economia, ma anche dall’accresciuta concorrenza (con le nuove e più remunerative emissioni) dei titoli di Stato a reddito fisso e l’uscita in massa dei fondi PIR. Per quanto riguarda i flussi, precisa Amendola, questo è il primo anno di maturazione del beneficio fiscale dei PIR (la maggior parte fu appunto sottoscritta nel 2018) e sta portando importanti riscatti dai fondi PIR sia, per certi versi, per disinformazione - il prodotto non scade infatti dopo 5 anni, ma continua a maturare il beneficio fiscale - sia per prese di profitto e conseguente investimento in titoli di Stato.
Il mix perfetto che ha penalizzato le mid cap
In termini numerici, sottolinea l’esperto, abbiamo assistito nella prima parte dell’anno a circa 700 milioni di riscatti dai fondi PIR a fronte di circa 500 milioni nell’intero 2022 (dati Assogestioni, su elaborazione di AcomeA). La seconda tematica evidenziata da Amendola è quella legata ai volumi, sul mercato mid e small cap i volumi scambiati rispetto allo scorso anno sono scesi del 35% circa. La combinazione di pochi volumi e riscatti ha creato – come sempre in situazioni simili - il mix perfetto per la sottoperformance delle Pmi italiane rispetto alle large cap. Il tutto è, per l’appunto, riconducibile a motivi tecnici e non fondamentali. Infatti, rileva l’esperto, le Pmi non solo stanno rispondendo egregiamente alle diverse insidie macroeconomiche e geopolitiche, ma presentano in questa particolare fase un miglioramento della visibilità prospettica dei loro business.
Sugli scudi le banche, con in testa Unicredit e BPER
Sull’altra parte della medaglia troviamo, invece, il FTSE MIB con una performance da inizio anno guidata in particolare dal comparto bancario (la classifica dei titoli che hanno guadagnato di più vede al primo posto Unicredit, con +60%, e al terzo posto BPER Banca, con +45%). In un contesto di tassi in rialzo questo settore è tornato competitivo, visto anche il marcato incremento del margine di interesse combinato con le solide posizioni di capitale e le generose distribuzioni tramite dividendi e buyback. Dai grafici emerge inoltre l’attuale divergenza tra prezzo e utili per azione del segmento EGM e FTSE MIB. In particolar modo, segnala Amendola, nell’EGM, continua ad ampliarsi il differenziale tra andamento del prezzo di Borsa (negativo) e incremento positivo degli utili per azione (nel FTSE MIB sono invece allineati).