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Borse: cambio di paradigma, nel 2023 serve nuovo approccio
Cambio di paradigma per i mercati nel 2023: da disinflazione benigna si passerà a un’inflazione più elevata, ci sarà meno liquidità, più volatilità e una crescente deglobalizzazione. E, cosa forse più importante, da un’epoca di tassi d’interesse bassissimi ci saranno tassi più alti.
L’economia globale è sottoposta a numerosi stravolgimenti degli equilibri cui era abituata da molto tempo: sta vivendo, insomma, un cambiamento di paradigma che richiede nuove strategie da parte degli investitori, nuovi approcci nei confronti degli asset da mettere in portafoglio. Sono molti i motori che alimentano questa svolta. In primo luogo, avverte Justin Thomson, head of international equity di T. Rowe Price, stiamo passando da un mondo di disinflazione benigna a uno con un’inflazione tendenziale più elevata e da un mondo di massima liquidità stiamo assistendo a un suo rapido ritiro. Inoltre, aggiunge, da un mondo di volatilità minima ci stiamo avviando verso uno in cui la volatilità sarà probabilmente elevata, mentre dopo la rapida globalizzazione vista negli ultimi trent’anni intravediamo un mondo che - per certi versi - si sta de-globalizzando. E, cosa forse più importante, da un’epoca di tassi d’interesse bassissimi a una di tassi più alti.
Il focus rimane sull’inflazione
Nel 2022 i mercati hanno riservato ben poche soddisfazioni agli investitori, costretti a fare i conti con l’irresistibile corsa dell’inflazione i cui effetti si faranno sentire ancora. Infatti, sebbene le pressioni sui prezzi si stiano affievolendo, non si sa quando e su quali livelli si stabilizzeranno. Anche perché, dice Thomson, sappiamo che le tensioni si stanno già spostando dai beni ai servizi e che, in genere, l’inflazione di questi ultimi è più persistente. Per questo, suggerisce, è fondamentale continuare a monitorare i fattori di fondo che ne possono influenzare la dinamica, a partire dal mercato del lavoro, dove i tassi di disoccupazione sono molto bassi (nonostante il calo della domanda) e quelli di occupazione in calo, abbinati alla carenza cronica di competenze in alcuni settori. La persistenza dell’inflazione sta costringendo le Banche centrali di tutto il mondo a inasprire in modo aggressivo le loro politiche per riportarla sotto controllo.
Ancora sconosciuti gli effetti della stretta creditizia
La strategia che accomuna i policy maker è di adottare misure di Quantitative Tightening (QT) dopo un lungo periodo caratterizzato dal Quantitative Easing (QE). Tuttavia, se da una parte il QE ha avuto l’effetto desiderato (soprattutto in concomitanza con il picco della pandemia) di smorzare la volatilità e spingere al ribasso i tassi di interesse a lungo termine, il QT può essere sulla carta considerato come una forza opposta, anche se non agisce in modo simmetrico. Infatti, secondo Thomson, il problema principale è che non si è ancora visto l’impatto del QT e questa rimane una delle maggiori incognite per gli investitori. Non si può quindi escludere ulteriori episodi di volatilità nel prossimo futuro. Di riflesso, per l’esperto di T. Rowe Price, i mercati ribassisti si presentano oggi in tre fasi ben distinte. In primo luogo, c’è una compressione multipla, che è stata ampiamente superata.
Non confondere volatilità con il rischio
La seconda fase è quella in cui gli utili delle aziende si azzerano, e i risultati conseguiti nel terzo trimestre indicano che negli Usa siamo appena entrati in questa fase. I margini di profitto netto dell’S&P500 si sono ridotti su base annua per la prima volta dopo il Covid, mentre le stime di crescita degli EPS per il 2023 sono state tagliate. La terza fase è la capitolazione. Quest’anno è stato certamente volatile, ma vale la pena notare – ricorda Thomson - che non abbiamo ancora assistito al picco estremo di volatilità tipicamente associato ai punti di flesso, come quelli di fine 2008 e inizio 2020. Vale anche la pena di sottolineare che volatilità e rischio vengono spesso confusi: la prima è associata a mercati orientati al ribasso, ma non comporta necessariamente il rischio di distruzione permanente del capitale. Anzi, la dislocazione del mercato che si verifica con l’aumento della volatilità può offrire opportunità ai gestori attivi.
Margini anche sul valutario
Ma cosa ci possono riservare le Borse nel 2023? Quali opportunità avranno gli investitori? Sicuramente, stima Thomson, dopo l’importante correzione subita nel 2022 dalle valutazioni, tutte le principali asset class – ad eccezione dell’azionario statunitense – sono oggi a buon mercato rispetto agli ultimi quindici anni. Questo, sottolinea l’esperto, è un buon punto di partenza. Ci sono inoltre interessanti margini anche nel valutario, dove le principali valute (come yen, euro e sterlina) sono tutte scambiate ai minimi di molti decenni, circa il 35-50% al di sotto dei loro valori fondamentali. Per contro, il premio per la sicurezza – il dollaro Usa – non è mai stato così alto. È stato un anno difficile per gli investitori, ma guardando al 2023 è importante ricordare che i benchmark guardano al passato. Il futuro, sottolinea Thomson, è diverso, lo è sempre: ciò significa che anche l’approccio degli investitori dovrà essere diverso.