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CGIA: quali vantaggi alle imprese con gli aiuti di Stato?
Secondo la CGIA di Mestre solo un quarto dei prestiti stanziati dallo Stato a sostegno delle imprese colpite dalla crisi è finito nelle casse degli imprenditori. Le banche hanno infatti avuto un ruolo importante nel coprire con tali fondi le pendenze accumulate dalle società.
Dall’esplosione della pandemia in Italia (nel febbraio 2020) a tutto dicembre dello scorso anno lo stock complessivo dei prestiti erogati dallo Stato alle imprese del nostro Paese per fronteggiare la crisi economica è aumentato di 39 miliardi di euro, anche se il volume dei prestiti garantiti messo in campo dal Governo Conte bis è stato di oltre 150 miliardi. È quanto ha stimato l’Ufficio studi di CGIA. Se da una parte tali operazioni hanno consentito di invertire il trend che è durato dalla fine del 2011 alla fine del 2019 - periodo in cui il volume dei prestiti bancari alle imprese è crollato di 300 miliardi –, d’altra parte il bazooka ‘usato’ dal precedente Governo non è riuscito ad aggredire con successo la cronica mancanza di liquidità che assilla soprattutto le Pmi.
Solo un quarto dei prestiti è finito agli imprenditori
Oggi ci si interroga sul perché nelle casse degli imprenditori sia finito solo un quarto delle garanzie messe a disposizione dallo Stato (attraverso SACE e il Fondo di garanzia) che - per legge - dovevano coprire la quasi totalità degli impieghi erogati con questi strumenti. Perché, secondo gli esperti, una parte delle nuove garanzie è andata a colmare i cali fisiologici del credito in essere e nella sostituzione dei prestiti a breve con aumenti di quelli a medio-lungo termine (insomma, sono andati a coprire gli impegni assunti con le banche). Oltre a ciò, è possibile che il sistema creditizio abbia usato parte di questi miliardi anche per abbattere i propri rischi, sostituendo garanzie legate ai prestiti che aveva erogato prima dell’avvento di queste novità legislative.
Gli istituti per azzerare i rischi su crediti deteriorati
Questo sistema ha sicuramente favorito le banche, che, così facendo, hanno azzerato i rischi di incorrere in crediti deteriorati. Ne hanno beneficiato in parte anche le imprese, almeno quelle che prima di marzo dell’anno scorso avevano linee di credito aperte con gli istituti. Questa tesi, sostenuta nell’analisi della CGIA, prende forma dopo aver letto i risultati relativi alla consistenza dei prestiti erogati dalle banche alle imprese, appunto, tra la fine di febbraio dell’anno scorso – periodo che precede l’introduzione del ‘Cura Italia’, del ‘Decreto Liquidità’ e del ‘Garanzia Italia’ - e lo scorso 31 dicembre.
Rimane la cronica mancanza di liquidità, soprattutto delle Pmi
Bisogna però sottolineare che, in linea generale, comunque tutto il sistema economico ha tratto beneficio dall’applicazione di questi tre provvedimenti, a cui si deve aggiungere anche la moratoria sui crediti alle famiglie e alle imprese introdotta sempre dal Governo Conte per un valore complessivo di altri 300 miliardi di euro. Ma questo non ha tuttavia risolto il problema storicizzato del nostro Paese: la cronica mancanza di liquidità in capo alle Pmi non è stata ancora risolta. Anzi. Nel rapporto tra correntista e banca, stimano alla CGIA, dall’inizio di quest’anno c’è un’altra grossa novità che rischia di penalizzare in particolar modo il primo. Gli istituti, infatti, hanno l’obbligo di applicare le nuove regole europee sulla definizione di default.
Le nuove norme europee penalizza il credito
Secondo il nuovo regime, le banche, ad esempio, sono tenute a definire inadempiente un piccolo imprenditore che presenta un mancato rientro da oltre 90 giorni, il cui importo risulta superiore sia ai 100 euro che all’1 per cento del totale delle esposizioni verso il gruppo bancario. Nel caso superi entrambe le soglie, può scattare la segnalazione presso la Centrale Rischi di Banca d’Italia che, automaticamente, classifica l’imprenditore come cattivo pagatore, impedendogli così di poter disporre per un determinato periodo dell’aiuto di qualsiasi banca. Una situazione che rischia di interessare tantissime partite Iva che solitamente sono a corto di liquidità e con grosse difficoltà, soprattutto in questo momento, a rispettare i piani di rientro dei propri debiti.
I numeri sugli aiuti stanziati dal Governo
Questa nuova definizione di default, secondo gli esperti, quasi sicuramente indurrà le banche a tenere un atteggiamento molto prudenziale: con l’abbassamento della soglia di sconfinamento, infatti, è prevedibile un’impennata dei crediti deteriorati. Per evitare che succeda ciò, Bruxelles ha imposto alle banche la svalutazione in 3 anni dei crediti a rischio non garantiti e in 7-9 anni per quelli con garanzia reali. Insomma, per tantissime Pmi si prevede una nuova stretta creditizia. E ora alcuni numeri sugli aiuti da parte dello Stato fino al 9 febbraio scorso. Attraverso Garanzia Italia le domande presentate dalle grandi imprese sono state 1.498 e i prestiti garantiti da SACE hanno raggiunto i 21,2 miliardi di euro. Grazie al Cura Italia e al Decreto Liquidità, al Fondo di Garanzia per le Pmi sono invece giunte 1,7 milioni di domande che hanno ‘generato’ 136 miliardi di finanziamenti.