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Diamanti: Tribunale Siena annulla acquisto per dolo
L’acquisto di diamanti da parte di una famiglia è stato annullato, per dolo, dal Tribunale di Siena, che ha condannato la società venditrice a riprendersi le pietre. Il prezzo, secondo una perizia, era gonfiato di 4 o 5 volte. Dietro la truffa pubblicità ingannevole su quotazioni e vendibilità.
Il Tribunale di Siena ha emesso una sentenza che conforta tante famiglie italiane coinvolte nel caso dei diamanti da investimento: ha annullato, per dolo, l’acquisto di pietre preziose effettuato da una famiglia raggirata da prezzi astronomicamente gonfiati e pubblicità ingannevole. La società di vendita è stata condannata a risarcire i danni, oltre alle spese, e a riprendersi le pietre. Ne dà notizia Confconsumatori, mentre si è si è aperto in questi giorni a Milano il procedimento penale per la presunta truffa sulla vendita di diamanti a prezzi gonfiati, in cui l’associazione si è costituita insieme a una cinquantina di associati.
L’origine della truffa
Ma come si è svolto il dolo? Nel 2012 una famiglia senese fu “dirottata” dalla banca (non coinvolta direttamente) a una società di vendita di diamanti per diversificare i propri risparmi. Sulla base delle informazioni, tre componenti della famiglia avevano deciso di acquistare una serie di pietre (tra il 2012 ed il 2014) per circa 45 mila euro complessivi. Si trattava di un investimento, tra l’altro, importante rapportato ai piccoli risparmi familiari. Nel 2016, quando la “truffa” dei diamanti (così definita dalla Procura di Milano) stava per essere svelata, i malcapitati risparmiatori avevano chiesto di cedere alcune pietre, ma la società di vendita, rimangiandosi quanto aveva promesso per scritto nel 2012, dichiarava di non essere tenuta a riacquistare i beni.
Con la sanzione Antitrust del 2017 nei confronti di imprese e banche coinvolte nell’affaire (per “informazioni ingannevoli e omissive le modalità di offerta dei diamanti”) i risparmiatori si erano ormai resi conto di aver praticamente perso tutto, considerato che le pietre sono difficilmente vendibili. La famiglia, ritenutasi raggirata, ha avviato un contenzioso con l’aiuto di Confconsumatori: dopo un primo tentativo di mediazione nei confronti della parte venditrice, nel 2018 la causa era approdata dinanzi al Tribunale di Siena.
La perizia: valore di acquisto gonfiato di 4-5 volte
Il Giudice Istruttore aveva disposto anzitutto una perizia sulle pietre e il gemmologo incaricato aveva confermato che la valutazione delle pietre, sia all’epoca sia oggi, era astronomicamente gonfiata e che i prezzi reclamizzati erano 4-5 volte superiori all’unico listino di riferimento dei preziosi. Per il perito, a fronte dei 45 mila euro spesi, il valore di rapporto (listino internazionale in uso ai grossisti) delle pietre comprate, all’epoca dei rispettivi acquisti, risultava non superiore ai 14 mila euro. Da sottolineare, per altro, che anche questo è un valore teorico perché il consumatore avrebbe dovuto negoziare il prezzo di vendita individuando altro soggetto interessato all’acquisto.
Pubblicità ingannevole su quotazioni e vendibilità
Il Tribunale ha quindi preso atto della pubblicità ingannevole sulle quotazioni (anche su giornali di tiratura nazionale) e sulla vendibilità delle pietre, accogliendo la domanda dei consumatori e annullando (ex articolo 1439 c.c.) tutti gli acquisti fatti, in quanto la famiglia è stata indotta in errore dal dolo della controparte. Allo stesso tempo, ha condannato la società al rimborso totale del prezzo maggiorato di interessi e rivalutazione monetaria con condanna al pagamento delle spese di giudizio e di perizia. Infine, la società è stata condannata anche a riprendersi le pietre. Questa sentenza, secondo Confconsumatori, chiarisce un principio: che i consumatori sono stati indotti con l’inganno a investire in quello che non era un investimento.