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Economia: Pil nel secondo trimestre supera le aspettative
Il Pil dell’Italia, nonostante la guerra, il rallentamento globale e l’inflazione, nel secondo trimestre ha sorpreso in positivo: è cresciuto dello 0,5 per cento, che rende possibile l’obiettivo del 3 per cento atteso per l’interno anno. Bene la domanda per i servizi, frena quella per i beni.
La crescita economica dell’Italia sorprende in positivo anche se sul suo percorso, a causa delle incertezze e delle criticità riscontrate a livello globale, ci sono dubbi di tenuta. È la foto scattata dal recente rerport di Confcommercio sulla nostra congiuntura che, nonostante tutto, denuncia alcuni ritardi (soprattutto per quanto riguarda i consumi) rispetto ai livelli segnati nel pre-pandemia. In sintesi, dopo l’eccellente 2021 e un primo trimestre 2022 positivo contro ogni previsione, anche il secondo trimestre supera le attese con una crescita stimata attorno al mezzo punto percentuale rispetto ai primi tre mesi dell’anno. Il 3% di variazione del Pil nell’anno diventa così un obiettivo raggiungibile, anche se certamente non scontato.
La favorevole collaborazione pubblico-privato
La ricetta che sta dietro questa inattesa performance potrebbe essere stata la buona cooperazione che c’è stata tra settore privato e controparte pubblica. Le istituzioni, secondo la chiave di lettura dell'associazione, hanno insomma giocato e fatto giocare una partita che si sta svolgendo favorevolmente. Si auspica quindi che questa collaborazione possa continuare, magari in modo più mirato, selettivo ed efficace, perché all’orizzonte si stanno addensando non poche insidie i cui effetti si possono già cogliere nelle dinamiche. Infatti, nei mesi di maggio e giugno il Pil ha mostrato, secondo l’analisi, una tendenza in riduzione (-0,3% congiunturale), ritmo che ha portato a giugno a una variazione del 2,1% su base annuale.
Frena la domanda di beni, vivace quella per i servizi
La domanda, secondo i dati raccolti, è cresciuta del 3,4% tendenziale, spinta dall’incremento della propensione al consumo dovuto alla forte voglia di ritorno alla normalità da parte delle famiglie (repressa per il Covid) e nonostante la guerra in Ucraina. La ripresa è stata eterogenea, anche se lo slancio dei consumi ha interessato soprattutto la componente dei servizi (+18,3% annuo), a loro volta trainata dai comparti del turismo (che ha visto il ritorno degli stranieri) e dal tempo libero. Nota negativa (-1,4%) invece per i beni, dove il quadro appare più complicato a causa di settori in piena crisi (l’auto) e altri (come abbigliamento e calzature, e alcuni durevoli per la casa), in cui la ripresa è alterna e stentata.
A giugno l’inflazione è attesa al 7,3% annuo
Si stima che in giugno l’inflazione si attesterà allo 0,5% congiunturale e al 7,3% annuo. Per ora le tensioni contribuiscono a rendere più prudenti le famiglie (attraverso, soprattutto, il taglio o sostituzione della voce alimentare), ma presto - secondo l’associazione - l’effetto dei rincari sul reddito reale e sul potere d’acquisto della ricchezza detenuta in forma liquida si farà vedere maggiormente. Anche perché le spese obbligate sono destinate a incrementare la loro quota nel budget familiare: ne soffriranno, di riflesso, i consumi liberi che in molti casi sono ben lontani dall’avere recuperato i livelli pre-pandemici. C’è quindi il rischio che a settembre l’inflazione s’impenni ulteriormente.
Difficile capire il punto di svolta delle tensioni sui prezzi
Per questo motivo Confcommercio fa un esame approfondito del problema inflazione, la cui soluzione appare distante. Il permanere di tensioni sui mercati delle commodity, energetiche e non, e di difficoltà lungo le filiere di produzione e distribuzione, continua infatti a rendere molto complessa l’individuazione di un punto di svolta. Le tensioni inflative si sono ormai diffuse in molti settori sulla spinta degli ingenti aumenti dei costi registrati dalle imprese. La persistenza di questo scenario, e la conseguente progressiva erosione dei redditi reali delle famiglie, non potrà – secondo l’analisi - non avere conseguenze, nella seconda parte del 2022, sulle decisioni d’acquisto delle famiglie.