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Fed: tre tagli nel 2024, con target 2,5% sul lungo periodo
La Fed per i tassi ha un target sul lungo termine del 2,5 per cento, confortata dalla discesa dell’inflazione e, nonostante il recente ciclo rialzista dei tassi, da un mercato del lavoro sempre robusto e dalla forte resilienza mostrata dalla crescita economica. Lo scenario è di soft landing.
Si è chiuso il ciclo rialzista dei tassi Usa. La Fed, confortata dal rientro dell’inflazione e dal rallentamento della crescita, ha messo in cantiere una serie di tagli per i prossimi anni. Il suo braccio operativo, la Federal Open Market Committee (Fomc), a dicembre ha confermato (terza volta di seguito) la fascia dei saggi al 5,25-5,50% (top dal 2001) dopo ben undici consecutivi in cui li ha ritoccati al rialzo. La decisione era in linea con le attese, ma quello che ha sorpreso è quanto emerso dal dot plot, il grafico che registra trimestralmente le previsioni dei banchieri membri della Fed. In sintesi, questi prevedono un taglio dei tassi di 75 punti base nel prossimo anno, contro un taglio di 50 punti base messo in conto a settembre (presumibilmente in tre tranche). Dal dot plot sono inoltre previsti un ulteriore taglio (di 100 punti) nel 2025 e un altro (di 75 punti) nel 2026.
L’economia più resiliente del previsto
Alla fine, sul lungo periodo, i tassi Usa dovrebbero collocarsi al 2,5%. Dietro questo target c’è l’evoluzione che sta avendo (e che dovrebbe avere) il quadro macro. Gli analisti della Fed, in sostanza, prevedono che il Pil quest’anno cresca di più di quanto atteso, del 2,6% e non del 2,1% come indicato tre mesi fa. Il tasso di crescita dell’economia dovrebbe poi rallentare a +1,4% nel 2024 (stima corretta leggermente dal +1,5% della precedente stima), per poi riaccelerare a +1,8% nel 2025 (dato confermato) e a +1,9% nel 2026. Per il mercato del lavoro sono state confermate le previsioni sulla disoccupazione al 3,8% per fine anno e al 4,1% per il prossimo triennio. In pratica, secondo Álvaro Sanmartín, chief economist di Amchor IS, si prevede una crescita abbastanza vicina al potenziale, con una disoccupazione che non salirà oltre il 4,1%, tasso che implica sostanzialmente la piena occupazione.
Quadro inflativo più rassicurante
Per quanto riguarda l’inflazione, la Fed stima che il tasso core (di fondo) si attesti quest’anno sul 2,8%, molto meno del 3,7% messo in conto lo scorso settembre. L'inflazione è inoltre attesa in ulteriore calo nei prossimi anni, al 2,4% nel 2024 (2,6% nella precedente) e al 2,1% nel 2025 (da 2,3%) e al 2% per la fine del 2026. Questi valori, come segnala Martina Daga, macro economist di AcomeA SGR, sono nettamente più bassi rispetto ai massimi toccati nel giugno 2022 (attorno al 9,1%). Secondo l’economista, tuttavia, il rientro delle tensioni non sarà molto agevole. Il mercato del lavoro Usa rimane infatti forte, con la domanda dei lavoratori ancora in eccesso rispetto all’offerta, ma in ribilanciamento anche grazie a un incremento nella partecipazione alla forza lavoro. Le pressioni salariali sono ancora piuttosto evidenti nel valore dell’inflazione supercore, cioè i servizi core.
Quadro compatibile con un soft landing
In sintesi, secondo Daga, dall’aggiornamento delle proiezioni macroeconomiche della Fed emerge uno scenario compatibile con un soft landing, in cui l’inflazione scende verso il target più velocemente di quanto si pensasse a settembre, senza un consistente indebolimento della crescita economica e del mercato del lavoro. Il punto principale di differenza rispetto alle precedenti stime è infatti un valore di inflazione più basso, sia per quanto riguarda l’headline sia per il tasso core, in particolare per quest’anno, ma anche per i prossimi anni. Ecco il perché i dot plot si sono rivelati più dovish di quanto atteso dagli economisti. L’economia Usa si sta dunque mostrando molto resiliente di fronte al ciclo di politica restrittiva, le stime sulla crescita del Pil mostrano solo per il 2024 un valore di crescita di poco inferiore rispetto al livello di lungo termine.
Il mercato potrebbe sfruttare l’eccesso di dovish
La Fed apre quindi la porta a diversi tagli. Da un lato, afferma Sanmartín, i membri Fomc hanno già iniziato a discuterne e ora prevedono tre tagli entro il 2024, uno in più di quanto atteso. Powell giustifica questo col fatto che l'inflazione è diminuita sensibilmente, in un contesto in cui anche la crescita si sta moderando e la domanda e l'offerta aggregate sembrano avvicinarsi all'equilibrio. Tuttavia, lo stesso esperto ha l'impressione che le dichiarazioni della Fed siano state troppo dovish e che sarebbe stato più prudente prevedere solo due tagli dei tassi invece di tre. Perché? Perché, spiega, con il tono usato la Fed sta aprendo la porta a un ulteriore allentamento delle condizioni finanziarie, che potrebbe riattivare le pressioni inflative nel 2024.