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Fondi: guerra e inflazione frenano la raccolta di marzo
La raccolta del risparmio gestito ha accusato in marzo uscite nette per 926 milioni, con gli investitori resi più cauti dalla guerra e dalla corsa dell’inflazione. L’interesse è tuttavia rimasto su asset rischiosi come i fondi azionari, mentre sono risultati penalizzati gli obbligazionari.
L’industria del risparmio gestito ha tirato il freno in marzo, di riflesso a un atteggiamento più prudente assunto dagli investitori a causa della costante accelerazione dell’inflazione e di un quadro geopolitico mondiale che, alla luce della guerra in Ucraina, rappresenta sempre più un’incognita per le strategie di mercato. Così, dopo la lunga serie di aumenti che ha seguito la gelata che aveva caratterizzato l’esplosione della pandemia all’inizio del 2020, la raccolta ha registrato in marzo un segno rosso: i flussi netti sono stati infatti negativi per 926 milioni di euro (dato che si confronta con gli oltre 6,28 miliardi segnati nel mese precedente). Nel complesso, nei primi tre mesi dell’anno il settore ha consolidato sottoscrizioni nette per 9,7 miliardi.
Patrimonio in lieve calo
Il segno negativo, secondo Assogestioni, è riconducibile a operazioni infragruppo nell’ambito dei mandati istituzionali. Nel periodo le masse si sono assestate a 2.502 miliardi di euro, in lieve ribasso dai 2.508 miliardi di febbraio, per effetto combinato dell’andamento della raccolta e della flessione dei mercati finanziari, che l’Ufficio studi dell’Associazione quantifica in -0,2%. Il mese è stato caratterizzato dalla massiccia disaffezione per le gestioni di portafoglio, mentre i flussi sulle gestioni collettive sono quasi dimezzati. La quota prevalente degli asset, 1.315,8 miliardi di euro (il 52,6% del totale, contro 52,3% in febbraio), è impiegata in fondi aperti e chiusi. Gli investimenti nelle gestioni di portafoglio sono pari a 1.186,5 miliardi di euro (47,4%).
Per i fondi aperti due anni ininterrotti di crescita
Nel mese i flussi diretti sulle gestioni collettive ammontano a 2,5 miliardi (4,42 miliardi in febbraio), che portano il saldo da gennaio a 12,26 miliardi. Le uscite dalle gestioni di portafoglio sono pari a -3,4 miliardi (+2,06 miliardi), che portano su un terreno negativo il dato del trimestre: -2,56 miliardi. L’effetto locomotiva per il settore è stato ancora esercitato dai fondi aperti, che registrano due anni di crescita ininterrotta. Marzo, infatti, è stato il ventiquattresimo mese di seguito chiuso con flussi netti positivi, anche se in netto arretramento rispetto a febbraio: 2,16 miliardi contro 3,9 miliardi. Flussi netti positivi sul retail (959 milioni dopo 1,07 miliardi), mentre abbondano le uscite (-4,38 miliardi dopo +988 mln) nei mandati istituzionali.
Azionari sempre al centro dell’attenzione, giù gli obbligazionari
Il momento di incertezza che vivono i mercati alimenta la disaffezione per i fondi obbligazionari, ma non intacca l’interesse per quelli azionari, con gli investitori sempre a caccia di rendimenti anche se verso asset più rischiosi. Per quanto riguarda le categorie, i risparmiatori hanno, infatti, indirizzato le proprie preferenze sui fondi azionari (+2,4 miliardi di euro dopo +2,2 miliardi di febbraio) e sui bilanciati (rispettivamente +1,1 e +1,55 miliardi). Mentre le uscite nette dagli obbligazionari sono pari a -1,75 miliardi di euro, lievitate dai -738 milioni accusate nel mese precedente. Tengono i flessibili, che raccolgono flussi netti per 203 milioni (175 milioni), mentre le sottoscrizioni per i monetari si fermano a 150 milioni (767 milioni di euro).
A marzo c’è stata un’inversione di tendenza per i fondi di diritto italiano, che denunciano deflussi netti per 329 milioni a fronte dei +292 milioni di febbraio (-63 milioni nel trimestre). Per i fondi di diritto estero la raccolta è positiva per 2,49 miliardi (+3,61 miliardi), per un saldo da gennaio di +11,4 miliardi.