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Fondi: sempre più numerose le donne che li sottoscrivono
L’età media di un italiano che investe in fondi è di 61 anni e impegna nel risparmio gestito circa 53mila euro. È quanto emerge da uno studio, secondo cui nel risparmio gestito la presenza delle donne è più diffusa. Più numerosi gli investitori nel Nord del Paese.
La donna investitrice ha ridotto significativamente il gap che la vedeva svantaggiata rispetto all’uomo, in un mercato che registra comunque ancora il dominio del Settentrione per quanto riguarda il risparmio dirottato verso i fondi. Nel complesso, gli italiani privilegiano i flessibili e gli obbligazionari. Sono i dati più salienti (aggiornati allo scorso dicembre) dell’Osservatorio di Assogestioni sui sottoscrittori dei fondi comuni. La ricerca, che fa in pratica l’identikit dell’investitore tipo, dall’anno scorso ingloba anche i fondi esteri collocati nel Paese e analizza dal 1996 le informazioni sugli investitori individuali, raccogliendo un set di dati che rappresenta un unicum a livello europeo.
Il gap di genere si è ridotto a 6 punti
Il gap di genere, con i sottoscrittori di fondi italiani che ammontano a 11,7 milioni, si sta progressivamente annullando, a favore di un sostanziale equilibrio tra uomo-donna: oggi le donne sono infatti arrivate a rappresentare il 47% dell’universo degli investitori, contro il 53% degli uomini. Negli ultimi 20 anni, secondo la nota, questa differenza è scesa da 16 a 6 punti percentuali (nel 2002 il rapporto uomini-donne era del 58%-42%). L’età media complessiva dell’investitore tipo è di 61 anni, ma spicca il fatto che ben il 41% dei sottoscrittori ha un’età inferiore a 56 anni.
L’investimento medio in fondi è di 53mila euro
Per quanto riguarda il valore medio generale dell’investimento in fondi, questo secondo l’ultima rilevazione risulta pari a 53mila euro. Tra le fasce più adulte della popolazione (oltre i 56 anni) la cifra è superiore a questa media e l’importo, inoltre, varia in base alla tipologia di prodotto: ovvero, è più basso per i sottoscrittori di fondi italiani (31mila euro) ed è più alto per gli investitori in fondi esteri. Tra questi, il valore medio del capitale diretto ai fondi cross border si attesta a 66mila euro.
Il Nord guida la classifica
Lo spaccato geografico conferma la leadership del Settentrione, dove risiedono circa due terzi degli investitori: per la precisione, il 38% nel Nord-Ovest e il 26% nel Nord-Est. Più distante arriva il Centro, dove risiede il 19% dei sottoscrittori, mentre nel Sud e nelle isole le quote dei sottoscrittori si abbassano rispettivamente al 12% e al 5%. Nel Nord, dove l’economia è più fiorente e il reddito pro-capite è più alto, si registrano importi medi investiti pari o superiori alla media.
Vince la modalità PIC, ma i giovani scelgono il PAC
Lo studio analizza anche la distribuzione della partecipazione al mercato dei fondi per modalità di sottoscrizione. In media, il versamento unico (PIC, Piano d’investimento di Capitale) rimane la forma prevalente, scelta dal 63% dei risparmiatori, mentre l’opzione PAC (Piano di accumulo del Capitale) e la forma mista si fermano rispettivamente al 22% e al 15%. Tuttavia, tali preferenze si ribaltano se si osserva lo spaccato generazionale, soprattutto i giovani under 40. Tra Millennials e Generazione Z, infatti, il 65% sceglie le modalità di sottoscrizione alternative, quindi PAC o forme miste, mentre i PIC vengono scelti dal restante 35%.
L’analisi delle tipologie di fondi più presenti nei portafogli degli italiani rivelano che le masse investite in fondi flessibili coprono il 29% del totale. L’asset allocation evidenzia valori differenziati in base alla tipologia di prodotto. Tra i fondi italiani prevalgono i flessibili (43%) e obbligazionari (27%), mentre tra i prodotti esteri cresce la componente azionaria, con il valore per i fondi cross border che si attesta al 47%.
Il livello di rischio degli investimenti
Lo studio prende in esame il grado di rischio degli investimenti, tipicamente strutturato su 7 livelli da 1 (rischio minimo) a 7 (rischio massimo): per due terzi è compreso tra 1 e 4. Il 73% dei fondi italiani ha un grado di rischio compreso tra 1 e 4. Per il 51% dei fondi cross border è invece superiore a 4. La maggior parte dei fondi italiani è acquistata tramite il canale bancario (95%), mentre il peso dei fondi distribuiti dalle reti di consulenti cresce tra i prodotti esteri: per i cross border sale al 44%.