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Inflazione: giù più delle attese, la Bce può pensare ai tagli
Il calo dell'inflazione di ottobre nell’Eurozona è attribuito alla pressione al ribasso sui beni di base, nonostante l'inflazione dei servizi sia ancora resistente. La Bce potrebbe presto iniziare a tagliare i tassi per contrastare il calo dell'inflazione e evitare il rischio di stagnazione.
I dati sull’inflazione registrata in ottobre nell’Eurozona vanno tutti in un’unica direzione: la Bce ha maggiori margini non solo per interrompere il ciclo rialzista dei tassi d’interesse, ma anche di pensare – prima del previsto - a tagliarli. Il quadro in pochi numeri. Nell’area l'inflazione armonizzata, benché resti ancora molto al di sopra del target, sta scendendo più rapidamente del previsto: in ottobre si è attestata al 2,9% contro il 4,3% di settembre, sorprendendo al ribasso rispetto al 3,1% messo in conto dal mercato. Nel mese il dato core è sceso al 4,2% dal 4,5%. La performance è quindi complessivamente migliore – alla luce della tendenza di fondo - a quanto previsto dalla Bce, che per il quarto trimestre si attendeva una media del 3,3% e un dato core al 4,1%.
Le tendenze disinflazionistiche continueranno
Questi numeri, secondo Tomasz Wieladek, chief european economist di T. Rowe Price, mostrano che l'inflazione complessiva dell’area si rivelerà sicuramente molto al di sotto delle attese della Bce, anche se l'inflazione core sarà probabilmente appena inferiore alle sue stime. Per il futuro, l’esperto si aspetta che queste tendenze disinflazionistiche continuino. Anche se l'inflazione dei servizi resiste, la forte pressione al ribasso dei beni di base continuerà a far scendere il dato core anche nel prossimo mese. Di riflesso, la stagnazione economica finirà per far scendere anche l'inflazione dei servizi. A questa chiave di lettura si innesta anche l’ammissione della stessa Bce, che l’economia dell’Eurozona sta frenando anche per gli effetti del rialzo dei tassi.
Evitare la stagnazione
A questo proposito, i dati sul Pil mostrano infatti che l'economia dell'Eurozona si è contratta nel terzo trimestre del 2023. Alla luce dei recenti dati delle indagini, sostiene Wieladek, è probabile che il Pil si contragga anche nel quarto trimestre, il che porterebbe l'economia dell'Eurozona in recessione tecnica (due trimestri consecutivi di crescita negativa). La Bce deve impedire un calo continuo dell'inflazione al di sotto dell'obiettivo per evitare che l'economia ricada in una persistente stagnazione. Nel decennio precedente la pandemia, l'inflazione core dell’area era in media pari a circa l'1%. Allo stesso tempo, l'economia ristagnava. Nemmeno mille miliardi di euro di quantitative easing sono riusciti a risollevare in modo significativo il dato core.
I tre venti favorevoli svaniti
Nel decennio pre-pandemia l’Eurozona si trovava ingessata tra un regime di bassa inflazione e un’economia stagnante. Il rischio che ritorni a questa negativa situazione di stallo, secondo l’esperto, è oggi più elevato del solito. Anche perché, osserva, ben tre importanti fattori che l’hanno sostenuta sono ormai svaniti: l’energia a basso costo, una maggiore partecipazione della forza lavoro (grazie alla riforma della rete di sicurezza sociale) e l’abbondanza di manodopera dall'Europa centrale e orientale. Di conseguenza, oggi l'economia europea dovrà affrontare un periodo di trasformazione strutturale per imparare a funzionare senza questi venti favorevoli. Nel frattempo, dovrà anche fare a meno delle misure straordinarie che l’ha aiutata durante la pandemia.
I rigidi paletti della politica fiscale dell’Eurozona
Infatti, come di norma succede in altri Paesi, la politica fiscale quando interviene lo fa per stimolare la domanda e attutire il calo, consentendo all'economia di continuare a crescere. Ma la realtà nell’Eurozona è molto diversa: la politica fiscale è limitata da regole troppo rigide o dagli alti livelli di debito dei singoli Paesi. La Bce è dunque l'unica istituzione in grado di stimolare la domanda per sostenere la congiuntura nel prossimo periodo di cambiamenti strutturali, perché non è vincolata da considerazioni di natura politica circa gli interventi fiscali. Il quadro disegnato da Wieladek è semplice: la crescita stagnante e l'inflazione che scende rapidamente verso l'obiettivo significano che la Bce dovrà iniziare presto a tagliare i tassi d’interesse.
La svolta, il ciclo rialzista è praticamente terminato
La Bce ‘colomba’ servirebbe ad evitare un periodo prolungato di inflazione sotto il target e quindi il rischio che l'Eurozona torni a un regime di bassa inflazione-stagnazione. Il rapido calo dell'inflazione darà presto alla Bce maggiore spazio di manovra. I policymaker sanno che la politica monetaria reagisce con un certo ritardo. Considerando i recenti dati, secondo Wieladek, la Bce probabilmente dovrà agire prima o poi, quando sarà sicura che il trend di disinflazione è persistente. In questo contesto s’inserisce la nota di Alvaro Sanmartin, chief economist di Amchor IS, secondo cui la Bce è chiaramente sempre più convinta che il processo di disinflazione sia già iniziato, che continuerà e che ciò renderà superfluo un ulteriore aumento dei tassi in questo ciclo.