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Italia: attività economica in frenata
L'attività manifatturiera in Italia è scesa a causa della debole congiuntura dei principali partner commerciali e delle difficoltà nell’industria. Le stime attuali prevedono un aumento del PIL dello 0,7 per cento nel 2023 e dello 0,6 nel 2024. Notizie positive dall’occupazione e dall’inflazione.
La crescita economica italiana sta rallentando, in sintonia con un contesto internazionale che lancia, sempre più, segnali che vanno nella stessa direzione. Negli Usa l’indebolimento del ciclo è, infatti, più evidente, così come l’attività in Cina che rimane sotto i valori pre-pandemici. È il quadro che emerge dal primo rapporto di quest’anno di Banca d’Italia, dove ricorda che le più recenti stime OCSE anticipano per il 2024 una frenata del Pil globale al 2,7%, per effetto delle politiche monetarie restrittive e del peggioramento della fiducia di consumatori e imprese. Sulla scena, viene sottolineato, permangono inoltre elevati rischi al ribasso per le tensioni politiche internazionali (soprattutto in Medio Oriente), così come per la debolezza della domanda mondiale.
Investimenti fissi in calo
La congiuntura nel nostro Paese ha già iniziato a scontare questa situazione: ha archiviato il terzo trimestre con una crescita marginale e questa, secondo il report di Via Nazionale, è stata poi praticamente nulla nei mesi successivi. L’Italia, oltre ai fattori che hanno inficiato la crescita globale, ha pagato anche i prezzi elevati dell'energia. Tra giugno e settembre, comunque, dopo un periodo di alta volatilità, c'è stata una lieve espansione del Pil, trainata dall'aumento dei consumi delle famiglie a loro volta sostenuti dalla creazione di posti di lavoro. Tuttavia, rileva Banca d’Italia, gli investimenti fissi sono diminuiti a causa dei costi di finanziamento più alti, mentre le scorte hanno avuto un marcato impatto negativo sulla dinamica del PIL.
L’attività manifatturiera torna a diminuire
Nell’ultimo scorcio del 2023 il Pil è rimasto stagnante. L'attività manifatturiera è infatti tornata a diminuire, condizionata dalla debolezza congiunturale dei principali partner commerciali (in particolare la Germania) e anche dalle difficoltà nelle produzioni industriali molto energivore. Nel settore dei servizi è stata osservata una stabilizzazione del valore aggiunto, mentre nelle costruzioni l'attività è continuata a espandersi. La domanda è stata caratterizzata da una sostanziale tenuta dei consumi, ma con un calo degli investimenti a causa delle condizioni più onerose di finanziamento. A confermare il colpo di freno è l'indicatore Ita-coin, rimasto negativo in dicembre. Le stime più recenti indicano un aumento del Pil dello 0,7% nel 2023 e dello 0,6% nel 2024.
Bene l’occupazione e l’inflazione
Il report di Banca d’Italia evidenzia anche due aspetti positivi della situazione economica del nostro Paese: l’intensificarsi del calo dell’inflazione e la robustezza del mercato del lavoro. Quest’ultimo, tra ottobre e novembre, ha mostrato segnali di stabilità, con un continuo aumento degli occupati, seppur a ritmi più lenti rispetto alla prima parte del 2023. Nuovo massimo per il tasso di partecipazione, mentre la disoccupazione è rimasta stabile. Nel terzo trimestre, le retribuzioni nel settore privato non agricolo sono aumentate, sostenute da margini di profitto ancora al di sopra dei livelli pre-Covid e dal calo dei costi degli input. Ciò potrebbe consentire alle imprese di assorbire le pressioni salariali senza generare ulteriori aumenti dei prezzi.
Famiglie e imprese fiduciose sull’inflazione
Al momento, non vengono rilevate rinnovate tensioni. Il report, a questo proposito, evidenzia un'intensificazione del calo dell'inflazione, che nel frattempo si è esteso ai beni industriali non energetici e ai servizi. A dicembre, la crescita dei prezzi al consumo è stata dello 0,5% (3% al netto delle componenti più volatili). Famiglie e imprese, sottolineano in Banca d’Italia, si aspettano un rallentamento delle pressioni a breve e medio termine. Le stime dell'Eurosistema indicano una riduzione dell'aumento dei prezzi al consumo all'1,9% nel 2024 (dal 5,9% del 2023) e un calo graduale fino all'1,7% nel 2026. L'inflazione di fondo dovrebbe diminuire al 2,2% nell'anno corrente (rispetto al 4,5% nel 2023) e scendere sotto il 2% nei due anni successivi.