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Mercati emergenti: il rimbalzo dei titoli value è solo all’inizio
La Cina è attesa spendere 15 mila miliardi di dollari nella transizione verso un’economia green e, a livello finanziario, a beneficiarne saranno ancora i titoli value, soprattutto dei mercati emergenti. A loro favore anche le politiche monetarie ultra accomodanti e la ripresa dei consumi.
Il rimbalzo dei titoli value dei mercati emergenti, dopo la sottoperformance accusata nel 2020 per la forte recessione dettata dalla pandemia, è appena iniziato. E, ancora una volta (come già successo tra il 2001 e il 2010), l’input arriverà soprattutto dalla Cina. Lo sostiene Ernest Yeung, portfolio manager, emerging markets Discovery Equity Strategy di T. Rowe Price, secondo cui l’obiettivo della neutralità carbonica, da raggiungere entro il 2050 (2060 per la Cina), supporterà molti comparti della ‘old economy’, dato che saranno necessari investimenti in settori tradizionali nella fase di transizione. È prevedibile un ricorso storico, considerato che l’ingente spesa infrastrutturale fatta da Pechino (12mila miliardi di dollari) tra il 2000 e il 2010 ha contribuito nel periodo alla sovraperformance del settore value.
L’attenzione sui metalli
Oggi, secondo l’esperto, si prevede che la Cina dovrà spendere 10-15mila miliardi di dollari nella transizione verso un’economia più efficiente dal punto di vista energetico e con zero emissioni. Anche i Paesi del G10 potrebbero dover spendere una somma simile per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. E, in questa fase, il mondo probabilmente spenderà molto in materie prime come rame, nichel, litio, alluminio e gas naturale, dato che le energie alternative e le auto elettriche richiedono molto l’uso di metalli. Per i mercati emergenti non ci sono molte alternative al gas naturale, che è meno inquinante rispetto ad altri combustibili fossili. In questi Paesi, infatti, le rinnovabili non sono ancora sviluppate, quindi questa commodity avrà un ruolo importante almeno nella fase iniziale della transizione.
La chiave di volta nella transizione energetica
La transizione energetica post-Covid è il tipo di cambiamento esterno su cui puntare. Il mondo, ammette Yeung, ha gravemente sotto-investito in questo settore, e i Paesi avranno probabilmente bisogno di aumentare rapidamente la spesa di capitale per raggiungere il target ‘net zero’. Alla base dei sotto-investimenti questa volta non c’è però una crisi finanziaria, ma due fattori: 1) La Cina ha investito eccessivamente nel capex industriale dopo la crisi finanziaria globale e ci sono voluti 10 anni per digerire la capacità in eccesso. 2) L’enorme divergenza di performance tra i settori growth e quelli value ha implicato uno spostamento ingente di capitali dalla ‘old economy’ alla ‘new economy’. Questo rapporto, prevede l’esperto, è destinato a cambiare proprio durante la fase di transizione energetica.
La sovraperformance dei value è sostenibile
La rotazione, sotto la spinta ambientalista della pandemia, è già stata evidente. Adesso, con le campagne vaccinali e la ripresa, i value hanno messo a segno un solido rimbalzo nel 2021. Gli investitori dei mercati emergenti si sono però domandati se questa sovraperformance potesse essere sostenibile. Yeung ritiene di sì, per un motivo: il modo in cui i Governi hanno supportato le economie, con misure fiscali e monetarie, durante la pandemia, rappresenta un cambiamento fondamentale rispetto alle crisi del passato. In particolare, sottolinea l’esperto, oggi gli stimoli sono indirizzati ai consumatori e alle infrastrutture ‘green’. Alcuni studi mostrano che gli stimoli fiscali negli USA e in altri Paesi fuzionano: ciò sta portando a una ripresa più rapida rispetto al 2009, e potrebbe supportare lo stile value.
I fattori favorevoli ai value
La ripresa è anche sostenuta dalle politiche monetarie ultra accomodanti delle principali Banche centrali. In questo contesto, secondo Yeung, i mercati emergenti dovrebbero beneficiare della ripresa globale che conseguirà a tali stimoli. La Cina, per esempio, ha goduto dell’aumento dei consumi Usa, con un livello di esportazioni del 20% superiori al pre-Covid. Ma ci sono altri fattori che dovrebbero favorire i value. Tra questi il prospettato rialzo dei tassi, che molti mettono in calendario nel 2022, che solitamente favorisce il corso di questo segmento di mercato. Anche l’accelerazione della tecnologia innescata dalla pandemia potrebbe implicare un periodo di maggiore produttività che, per tradizione, ha favorito il value rispetto al growth, dato che una maggiore produttività porta a una maggiore crescita degli utili.