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Mercati: investire tra tassi a zero e alta inflazione
Il ritorno dei tassi sopra i livelli dell’inflazione non è vicino e, di riflesso, gli investitori possono cercare protezione sui titoli inflation linked e su quelli legati all’andamento dell’economia reale. Vale a dire accettare maggiore volatilità e avere un orizzonte temporale più lungo.
La recente forte impennata dell’inflazione è una cosa tutt’altro che positiva per gli investitori, già molto impegnati - ormai da oltre un decennio - a trovare una qualche remunerazione per il loro capitale visti i tassi d’interesse praticamente a zero. Se negli ultimi due anni hanno potuto trovare nei titoli inflation-linked una valida difesa dagli effetti inflativi e per remunerare l’investimento in termine reali, da ora in avanti questo tipo di protezione appare assai ridotto. Per questo, suggeriscono da Eurizon Am, l’investitore dovrebbe orientare l’attenzione sempre più sulle attività legate all’economia reale. In altre parole, dovrebbe tornare ad assumere rischi sul fronte azionario accettando, di conseguenza, una maggiore tolleranza alla volatilità di breve periodo che questa scelta comporta e un orizzonte temporale più lungo per allocazioni che si effettuano.
Il ritorno dei tassi sopra l’inflazione non è all’orizzonte
In caso contrario, secondo gli esperti, c’è la probabile prospettiva di vedere il capitale erodersi in termini reali con il solo passare del tempo. Questo problema, che accompagna gli investitori dal 2010, è oggi reso ancora più evidente dalla recente fiammata dell’inflazione. Infatti, i tassi di interesse sugli strumenti a breve scadenza sono rimasti sistematicamente sotto l’inflazione dal 2010: un contesto totalmente differente dagli anni Ottanta, Novanta, Duemila, in cui la liquidità riceveva una remunerazione positiva e comunque superiore all’inflazione. Al momento, con un’inflazione in area 4%, la perdita è forte. E le prospettive non sono incoraggianti: è probabile che l’inflazione ridiscenda verso la media degli ultimi anni e che i tassi salgano lentamente. Tuttavia, stimano in Eurizon, il loro ritorno sopra l’inflazione non è in agenda per i prossimi anni.
L’erosione della ricchezza finanziaria delle famiglie
L’analisi rivela che il danno provocato dal mix "inflazione alta-tassi bassi" per i risparmiatori italiani è ingente: la quota di ricchezza finanziaria parcheggiata dalle famiglie in liquidità è, infatti, in tendenziale aumento dal 2000, e oggi è pari al 40% circa della ricchezza netta. In valore assoluto parliamo di 1.600 miliardi di euro dormienti, in attesa di un mondo, quello dei tassi di interesse elevati, che per un bel po’ di tempo non tornerà, forse mai più. Ma come può un investitore difendersi dalla morsa dell’inflazione? Il primo strumento che viene in mente quando si ha l’obiettivo di proteggere il proprio capitale da questo rischio sono i titoli obbligazionari inflation-linked. Ma oggi questo rifugio (e ancora meno i titoli obbligazionari tradizionali) non basta più: per il mix appena descritto e per come sono prezzati oggi questi strumenti.
Come calibrare il portafoglio a favore dell’azionario
A questo punto, secondo gli esperti, solo le attività reali (e quindi la Borsa) sembrano avere ancora il potenziale di remunerare il capitale. A sostegno di questa valutazione portano un esempio: se per il medio periodo assumiamo un rendimento medio annuo tra il 7% e il 9% per i mercati azionari (sotto all’11,6% registrato in passato, ma in linea con la crescita di lungo periodo degli utili aziendali) e ipotizziamo un’inflazione del 2% - 2,5% (il 25%-35% del rendimento dei mercati azionari), mantenendo un investimento minimo in azioni tra il 25% e il 35% gli investitori potranno proteggere il capitale dall’inflazione. Si dovrà aumentare un po’ la quota se si vorrà remunerare il capitale in termini reali.
Ma come ricalibrare un portafoglio eccessivamente concentrato sulla componente obbligazionaria verso il mercato azionario? In primis è consigliabile farlo in modo graduale, accettando un orizzonte temporale di più lungo periodo e, per cogliere le eventuali correzioni dei mercati, gestire la quota obbligazionaria (flessibile e diversificata) del portafoglio in maniera più attiva.