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Tassi: la Fed più falco delle attese
La Fed, ponendo grande accento sui rischi al rialzo dell’inflazione, ha aperto la strada a più rialzi del previsto per i tassi d’interesse Usa. Preoccupa, secondo gli esperti, la base sempre più ampia delle tensioni, allargatasi ora ai servizi e al mercato del lavoro.
Alzare i tassi per frenare l’inflazione o invece aspettare che la ripresa economica acquisisca autonomia per non strozzarla? I dubbi ci sono e sono molti: la direzione delle Banche centrali è solo apparentemente chiara perché lo "zampino" della pandemia è sempre lì, pronto a fare lo sgambetto alla congiuntura. Il "la" verso una stretta più vicina del previsto è comunque già arrivato dalla Fed, che potrebbe dettare l’agenda degli altri Istituti. L'esito del recente FOMC è stato infatti più "falco" di quanto ci si aspettasse. Lo statement finale, ha osservato Nikolaj Schmidt, chief international economist di T. Rowe Price, ha evidenziato gli aspetti positivi dei dati sulla crescita mentre ha ignorato il rallentamento subito nel frattempo dalla sua traiettoria.
Il "Dot Plot" cambierà a marzo
Di più: il Presidente, Jerome Powell, ha posto grande enfasi sui rischi al rialzo per l’inflazione, chiarendo che in sede FOMC (il braccio operativo della Fed) non c’è preoccupazione per l’inasprimento delle condizioni finanziarie viste finora. I banchieri federali, ha sottolineato, hanno espresso invece grande fiducia nella solidità dell’espansione economica e hanno messo l’accento del loro timore sulla longevità della tenuta del mercato del lavoro. Secondo Schmidt, oltre a tutto ciò, preannunciando un incremento dei tassi d’interesse a marzo, il numero uno della Fed si è preparato per un aumento del numero di rialzi che il FOMC proietterà come appropriato nel "Dot Plot" (grafico che sintetizza le indicazioni dei membri del FOMC in merito ai tassi) di marzo.
Il nodo rimane l’inflazione
Finora c’è stata un’incongruenza tra i commenti di Powell e il Dot Plot. Il Presidente continua a ribadire che questa espansione sarà molto diversa da quella che fece seguito alla crisi finanziaria globale: l’attuale ciclo sarà più solido e più inflazionistico. Al contrario, il FOMC prevede che i tassi cresceranno a un ritmo inferiore rispetto al post crisi finanziaria. Secondo l’esperto di T. Rowe Price questa contraddizione è diventata troppo complessa da sostenere e, di conseguenza, il quadro che emergerà a marzo sarà più a favore di una stretta. Il nodo della questione rimane l’inflazione: sebbene i dati sull’inflazione headline non siano peggiorati in termini sequenziali, i dettagli sottostanti dei report sull’inflazione sono diventati più problematici.
Le pressioni hanno una base sempre più ampia
Il quadro dell’inflazione negli Usa è molto fluido. Di recente si è sviluppato un modello che indica che, mentre i dati sequenziali sull'inflazione sono scesi, le pressioni hanno una base sempre più ampia. Ciò ha fatto crescere dubbi nel FOMC. Ad aggravare ulteriormente tali timori c’è il fatto che le pressioni sono passate dall’inflazione sui beni primari, che può essere spiegata dai colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento, all’inflazione sui servizi. Quest’ultima è, però, più difficile da gestire attraverso i tassi. La Fed, quindi, non dovrebbe apportare cambiamenti alla politica monetaria per risolvere delle problematiche sul lato dell’offerta, verso le quali si ha la percezione che verranno superate in un futuro prossimo.
La Fed tra l’incudine e il martello
Ultimamente sono stati osservati miglioramenti lungo alcune catene di approvvigionamento, come rivela l’accelerazione nel mondo della produzione di auto. Di riflesso, la svolta della Fed potrebbe essere messa in discussione anche se il FOMC ha cambiato il modo di vedere il mercato del lavoro perché la disruption dell’offerta è persistente. L’inasprimento da parte della Fed avverrebbe con una domanda in frenata perché l’inflazione ha eroso il potere di acquisto delle famiglie. Per questo, secondo Schmidt, i prossimi dati sorprenderanno in negativo sia la Fed sia il mercato. Allo stesso tempo, aggiunge, sarà molto difficile per Powell invertire la rotta verso una posizione più da colomba, dato il livello dell’inflazione e le implicazioni politiche che questa comporta.