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Ocse: la crescita economica perde velocità
L’Ocse suggerisce di mantenere politiche monetarie prudenti poiché il rientro dell’inflazione rischia di essere compromesso dal quadro geopolitico che aggiunge pressione sui prezzi. I Governi devono affrontare crescenti sfide fiscali, mentre urgono riforme politiche per sostenere la crescita.
Nei Paesi Ocse la crescita economica sta rallentando, dopo la resilienza vista nel 2023 favorita da un calo dell’inflazione più rapido del previsto. Tuttavia, durante lo scorso anno, la dinamica non è stata uniforme: al brillante comportamento dell’economia statunitense e di molti Paesi emergenti si è contrapposta la frenata della maggior parte dei Paesi europei. I più recenti dati dell’Organizzazione segnalano così una certa moderazione della crescita per effetto delle condizioni finanziarie più stringenti che continuano a manifestarsi – in particolare - nei mercati del credito e dell'edilizia, così come per il commercio globale che rimane depresso. Le prospettive sono avvolte nell’incertezza, poiché gli attacchi alle navi nel Mar Rosso hanno aumentato bruscamente i costi di spedizione e allungato i tempi di consegna, disturbando gli schemi di produzione e aumentando le pressioni sui prezzi.
+2,9% Pil globale 2024, sotto l’effetto locomotiva Usa
Tutti fattori che hanno portato gli analisti Ocse a rivedere al ribasso la crescita del Pil globale di quest’anno, a +2,9% dal 3,1% dello scorso anno. La performance, grazie al miglioramento previsto delle condizioni finanziarie, dovrebbe poi attestarsi al 3% nel corso del 2025. Nel dettaglio, la crescita annua del Pil statunitense è prevista, pur sostenuta dalla spesa delle famiglie e dal robusto mercato del lavoro, correggere al 2,1% nel 2024 e all'1,7% nel 2025. Decisamente più modesta la corsa prevista per l’Eurozona, per la quale è indicato un +0,6% per quest’anno e un +1,3% per il prossimo, con l'attività frenata dalle rigide condizioni di credito nel breve termine prima di riprendersi con il rafforzamento dei redditi reali. Per la Cina l’Ocse prevede +4,7% nel 2024 e +4,2% nel 2025 a causa della debolezza dei consumi, un alto debito e un mercato immobiliare debole.
Inflazione in diffuso rallentamento
Per quanto riguarda l’inflazione, gli esperti dell’Ocse prevedono che questa tornerà al target nella maggior parte dei Paesi del G20 entro la fine del 2025. Stimano che l'inflazione globale in questa area scenda dal 6,6% atteso per il 2024 al 3,8% nel 2025, con tasso di base nei Paesi avanzati del G20 che si attenua al 2,5% nel 2024 e al 2,1% nel 2025. Tuttavia, è ancora troppo presto per essere certi che le pressioni sui prezzi siano completamente contenute. Anche perché, segnala la nota, le condizioni del mercato del lavoro sono sì migliorate, ma la crescita dei costi unitari del lavoro rimane generalmente al di sopra dei tassi compatibili con gli obiettivi di inflazione a medio termine. Senza contare che le tensioni geopolitiche sono un significativo rischio a breve termine per l'attività e l'inflazione, soprattutto se la crisi in Medio Oriente dovesse disturbare i mercati dell'energia.
La politica monetaria deve rimanere prudente
C’è un’altra spada di Damocle che pende sulla dinamica dei prezzi: sono le persistenti tensioni rilevate sui prezzi dei servizi. Queste, infatti, potrebbero anche generare sorprese inflative al rialzo e scatenare una rivalutazione dei mercati finanziari in quanto le aspettative di una politica monetaria più accomodante si affievolirebbero. Anche la crescita potrebbe essere più debole rispetto alle previsioni, se gli effetti persistenti degli aumenti dei tassi di interesse passati dovessero essere più forti del previsto. Comunque sia, secondo l’Ocse, la politica monetaria deve rimanere prudente per garantire che le pressioni inflative rimangano nel tempo contenute. C’è dunque la possibilità di abbassare i tassi di interesse mentre l'inflazione diminuisce, ma secondo gli esperti la posizione della politica dovrebbe rimanere restrittiva nella maggior parte delle principali economie per un po' di tempo.
Le sfide fiscali dei Governi
Nel frattempo, i Governi sono costretti ad affrontare crescenti sfide fiscali imposte dall'aumento degli oneri del debito e dalle future consistenti pressioni di spesa aggiuntive. Per questo, secondo gli esperti, sono necessari - per garantire sostenibilità e fornire flessibilità per rispondere a futuri shock - sforzi più incisivi a breve termine per contenere la crescita della spesa e i quadri fiscali. Le basi per la crescita futura devono essere rafforzate attraverso riforme politiche per migliorare i risultati educativi, potenziare le competenze e ridurre vincoli nei mercati del lavoro e dei prodotti che ostacolano gli investimenti e la partecipazione alla forza lavoro. È necessaria una cooperazione globale più forte per rilanciare il commercio mondiale, garantire risultati più rapidi e coordinati verso la decarbonizzazione e alleviare i pesi del debito nei Paesi a basso reddito.