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Ocse: taglia le stime del Pil globale e dell’Italia
L'Italia, secondo l’Ocse, riduce debito pubblico e spread, ma rivede in calo le stime del Pil: a più 0,7 per cento nel 2024 e +0,9 per cento nel 2025. Nonostante l'inflazione in calo, i salari reali in Italia non torneranno ai livelli prepandemia nemmeno entro fine 2025. Impatto anche dei dazi Usa.

Il rallentamento che sta accusando la crescita economica mondiale potrebbe durare diversi anni. È quanto prospetta l’Ocse nel suo Economic Outlook di primavera, dove esprime preoccupazione per l'aumento del costo del debito, sottolineando come questo possa limitare la capacità di indebitamento futuro, sia per le imprese che per i singoli Stati. Senza contare che le recenti politiche monetarie restrittive, pur necessarie per mettere sotto controllo l'inflazione, rischiano di limitare le opportunità di crescita e aumentare la disparità tra Paesi ad alto reddito e quelli in via di sviluppo. In questo contesto, secondo gli economisti, diventa fondamentale che i Governi adottino politiche fiscali che, non solo riducano il debito, ma che stimolino anche la crescita tramite investimenti in infrastrutture, innovazione e capitale umano.
Bene l’Italia con la riduzione del debito pubblico e dello spread
La scure dell’Ocse non ha risparmiato nemmeno l’Italia, anche se nel report sono evidenziati alcuni segnali positivi nella gestione delle finanze del nostro Paese. In particolare, è riconosciuta una riduzione del debito pubblico in rapporto al Pil e una diminuzione dello spread Btp-Bund di oltre 10 punti base nel corso del 2024. Inoltre, secondo l’analisi, l'Italia in questa fase si distingue per l'alto livello di debito sovrano detenuto dalle famiglie, circa il 14%, il che la colloca al secondo posto dopo Ungheria e Stati Uniti. Questo risultato è dovuto in gran parte al successo delle emissioni di nuovi prodotti di debito al dettaglio, che hanno coinvolto direttamente i cittadini italiani. Ne è la prova l’aumento dei titoli di Stato nostrani posseduti dalle banche italiane: +2,9% mensile a 369.757 miliardi a gennaio (+5,4% anno).
Ma la crescita del Pil italiano sarà modesta
L’Organizzazione, pur riconoscendo questi spunti positivi, prevede per il Belpaese prospettive economiche modeste per il 2024-2025. La crescita del Pil è stata rivista in calo, a +0,7% per quest’anno e a +0,9% per il prossimo, inferiori (rispettivamente di 2 e 3 centesimi) alle stime rilasciate lo scorso dicembre. La crescita maturata nel 2024 è stata corretta a +0,7%, in rialzo di due centesimi. L'inflazione, pur in diminuzione, è attesa rimanere su livelli moderati, con un tasso dell'1,7% per il 2025 (2,1% a dicembre) e all’1,9% nel 2026 (dal 2%). Il dato ‘‘core’’ dovrebbe passare all’1,8% quest’anno dal 2,2% del 2024, per poi attestarsi sull’1,9% nel prossimo. L’Ocse rileva che l'Italia è tra i Paesi, insieme a Sudafrica, Francia e Giappone, in cui - a fine 2024 - i salari reali non erano ancora tornati ai livelli prepandemia.
E la risalita del reddito non è vicina. Secondo gli economisti, infatti, in Italia la crescita salariale non raggiungerà i livelli prepandemia nemmeno entro fine 2025. Nel frattempo, il nostro Paese dovrà affrontare sfide legate alla crescita e alla sostenibilità fiscale che - secondo l’Organizzazione - richiedono un impegno continuo per riforme strutturali e politiche economiche mirate (al fine di evitare un aumento del debito pubblico).
+3,1% il Pil globale nel 2025, inflazione resiliente
Gli ultimi indicatori segnalano un rallentamento delle prospettive della crescita globale per i forti cambiamenti nelle politiche commerciali: c’è il rischio che questi alimentino l'inflazione. L’Ocse ha rivisto in calo il Pil globale a +3,1% nel 2025 e a +3% nel 2026, di 2 e 3 decimi rispetto a dicembre, soprattutto a causa dell’aumento dei dazi tra il G20 e l'incertezza geopolitica che incide su investimenti e spesa delle famiglie. L'inflazione, pur in calo, risulterà più alta delle attese. Nel G20, si stima che l’headline scenda dal 3,8% nel 2025 al 3,2% nel 2026, ma il core rimarrà sopra gli obiettivi delle Banche centrali in molti Paesi, Usa compresi. Negli Stati Uniti, l'inflazione di fondo è prevista al 3% nel 2025 e al 2,6% nel 2026, nell'Eurozona l'inflazione core scenderà leggermente, al 2,2% nel 2024 e al 2% nel 2026.
L’impatto dei dazi Usa penalizzerà Canada e Messico
L’Ocse affronta anche l’impatto dei dazi dall'Amministrazione Trump, che rischia di rallentare la crescita degli Stati Uniti e dei suoi Paesi confinanti, Canada e Messico, con cui le tensioni commerciali sono più alte. L'Ocse prevede che gli Usa vedranno un rallentamento del PIL, dal 2,8% del 2024 al 2,2% nel 2025 e all'1,6% nel 2026. Corretto anche il Pil del Canada, dall’1,5% del 2024 allo 0,7% nel 2025 e nel 2026 (in precedenza era stimato il 2% per il biennio). Il quadro è ancor più critico per il Messico, dove si prevede una recessione, con un calo della produzione dell'1,3% nel 2025 e dello 0,6% nel 2026. Queste stime si basano sulla previsione che le tariffe bilaterali tra Canada e Usa e tra Messico e Usa aumentino di 25 punti percentuali su quasi tutte le importazioni di merci a partire da aprile.
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