- SEI UN CONSULENTE FINANZIARIO AUTONOMO?
- Scopri i vantaggi del nostro servizio
Tassi: il rialzo non metterà in crisi le PMI italiane
Nonostante le difficoltà, le PMI italiane con basso debito, margini elevati, presenza internazionale, prodotti di nicchia e management di qualità rappresentano per gli investitori ancora un'opportunità, soprattutto se pazienti e di lungo periodo. La chiave di lettura fornita dall’indicatore PVGO.
Il 2023 si è chiuso con un rally del mercato che, da novembre, ha contribuito al recupero dei principali indici di Piazza Affari. Ciononostante, nel 2023 il loro andamento è stato particolarmente polarizzato: lo Small Cap sottoperforma del 25% l’FTSE MIB. Nel 2024 rimangono le incertezze macroeconomiche, legate a inflazione, tassi e crescita, nonché le crisi in Israele e nel Mar Rosso, che si aggiungono alla guerra in Ucraina. I temi idiosincratici degli ultimi anni dal lato offerta, come l’aumento dei costi energetici e delle materie prime, sembrano in via di stabilizzazione. Rimane invece la crescente incertezza dal lato domanda. Ad esempio, il più recente fenomeno di destocking che ha influenzato l’industria nella seconda metà del 2023 appare sulla via della risoluzione.
Le strategie condizionate dai bassi tassi d’interesse
I dati mostrano un mercato del lavoro ancora forte, inflazione in calo e i tassi che potrebbero essere tagliati a breve. Per gli investitori rimane così da scegliere dove allocare il capitale: un concetto che per molti anni è stato sottovalutato, grazie ai bassi tassi. Prima del recente ciclo di rialzi, infatti, erano preferite le aziende molto indebitate: il basso costo del denaro invogliava gli azionisti a spingerle a chiedere denaro per impiegarlo in investimenti. Questi si confrontavano con tassi vicino allo 0% (o negativi). Ultimamente però, rilevano Antonio Amendola e Simone Benini, senior fund manager e junior equity & ESG analyst di AcomeA, con il rialzo dei tassi, quegli investimenti fatti in epoca di tassi negativi iniziano ad essere improduttivi.
Torna l’attenzione sulle società meno indebitate
Un esempio: un investimento fatto tre anni fa con un ritorno sul capitale investito del 3% poteva essere una buona opzione. Oggi, invece, lo stesso risulterebbe un’operazione che distrugge valore in quanto non coprirebbe neanche il costo del debito. Il mercato ha così cambiato bruscamente idea sulle politiche di allocazione, col basso indebitamento (o maggiore redditività del capitale investito) che inizia a essere la variabile più importante. Le PMI, come da manuale del gestore, non sono gradite nei portafogli quando i tassi si alzano. Questo ha pesato molto sul comparto PMI globale in primis, e poi su quello italiano. Questo, oltre alla dinamica dei tassi, ha pagato anche i massicci riscatti effettuati dai fondi PIR (a fine 2023 siamo a circa 2 miliardi di outflows).
La chiave di lettura fornita dall’indicatore PVGO
Se però si guarda in aggregato il mercato italiano, in realtà, il rapporto di indebitamento delle PMI locali è piuttosto contenuto. Benini e Amendola, a sostegno della loro visione, citano il PVGO (Present Value of Growth Opportunity) che valuta se il prezzo di un titolo rispecchia le aspettative di crescita dell'azienda e se gli utili possano essere reinvestiti per favorire le opportunità di crescita o distribuiti agli azionisti senza contribuire alla crescita futura. Il PVGO indica la componente del prezzo di un’azione che riflette la crescita attesa degli utili: se è alto, allora incorpora già le prospettive di crescita della società. Le società più interessanti sono quelle il cui prezzo non sconta la crescita attesa degli utili e usano il capitale a fini produttivi.
Anche le variabili tecniche hanno penalizzato le PMI nostrane
Da un’analisi della Borsa italiana sulle aziende che hanno un PVGO attraente emerge che le più interessanti tra le PMI sono presenti soprattutto nel FTSE Small Cap (40% dell’indice) e STAR (35,6%). Nel mondo, le mid e small cap accusano una forte sottoperformance a causa dei tassi e delle incertezze in geopolitica e macro. Oltre a questi temi, il comparto italiano risulta essere ulteriormente vessato da una dinamica puramente tecnica dovuta al mix di outflow fuori misura dai fondi PIR e ai bassi scambi. In questo contesto, per gli esperti, non sembra esserci più spazio per i fondamentali e le multinazionali tascabili che tutto il mondo invidia. Tuttavia, concludono, un investitore paziente e di lungo periodo dovrebbe, con disciplina e rigore nelle analisi, continuare a posizionarsi su società con basso debito, margini in doppia cifra, presenza internazionale, prodotti di nicchia e management di prima classe.