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Auto Ue: crisi strutturale almeno fino al 2030

In Italia le auto ibride avanzano, ma le elettriche restano ancora marginali, frenate da prezzi elevati e infrastrutture carenti, mentre il mercato dell’usato continua a crescere. L’industria europea dell’auto deve ripensare la catena del valore, la presenza geografica e le strategie produttive.

13/05/2025
un uomo d'affari tiene circonda con le mani un'icona di auto
Report sullo stato di crisi dell'auto europea

L’orizzonte di medio termine del mercato automobilistico europeo, dopo decenni in crescita, appare oggi compromesso. Il suo declino strutturale - secondo gli addetti ai lavori - durerà almeno cinque anni, a causa di una domanda stagnante, una diffusione delle auto elettriche tutt’altro che vivace e un crescente ricorso all'usato (soprattutto in Italia). Non di meno, il settore fa i conti anche con un quadro macroeconomico incerto, che impedisce alle famiglie la programmazione di una spesa importante come è l’acquisto di un’auto. È quanto emerge dalla nuova ricerca dal titolo ‘‘Navigare nella nebbia. Il futuro incerto dell’automotive’’, di ANIASA e Bain & Company sul mercato automotive, secondo cui le case tedesche sono tra le più a rischio per i dazi USA, ma è anche l’intero settore globale che affronta forti tensioni geopolitiche, squilibri industriali e una transizione green ancora debole e frammentata.

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Mercato auto: un rallentamento strutturale dopo anni di crescita

Tra il 2001 e il 2017 il settore auto è cresciuto del 3,3% annuo, ma il Covid ha interrotto lo slancio. La produzione è in calo dal 2019 per cause strutturali (carenza chip, crisi supply chain) e si prevede un aumento globale di appena lo 0,2% fino al 2030. Intanto, il baricentro del mercato mondiale si sta spostando. Se nei primi anni 2000 l’Asia (Cina soprattutto) era il traino, oggi il quadro è ben diverso. Tra il 2017 e il 2030, la domanda rimarrà stagnante in Cina (+0,3%) e calerà in Europa (-0,6%), Nord America (-0,4%) e nei mercati asiatici maturi (-1,2%). A distinguersi in positivo saranno invece Asia meridionale (+2,7%) e Sud America (+1,5%), grazie all’urbanizzazione e a un reddito disponibile migliore. Nel complesso, in Europa si prevede entro il 2028 un calo di circa 15 milioni di veicoli rispetto alle stime precedenti. Il Nord America la segue a ruota con una perdita di 7,5 milioni di unità.

Dazi e tensioni geopolitiche: i marchi tedeschi di auto i più esposti

La frenata mette in crisi la sostenibilità di molte case, quelle più esposte soprattutto sui mercati maturi. Il quadro è aggravato da un uso sempre più politico dei dazi. Le case tedesche sono tra le più colpite tra stagnazione europea, frenata cinese e barriere doganali USA. Il problema riguarda anche le giapponesi e coreane, fortemente presenti in Nord America. Washington, nel tentativo di rilanciare l’output interno dopo un crollo pluridecennale della manifattura, ha reso il settore più protezionista. Tra il 1947 e il 2023, l’occupazione manifatturiera Usa è scesa dal 30% all’8% della forza lavoro, e la quota della manifattura sul PIL è passata dal 25% al 10%. E nel 2024 gli USA sono diventati il primo Paese importatore di veicoli leggeri (circa 5 milioni, il 23% della domanda interna). L’Europa segue con oltre 4 milioni di unità. Cina e Giappone, invece, restano quasi del tutto autosufficienti.

Mercato auto in Italia: l’usato cresce mentre l’elettrico arranca

Nel nostro Paese, l’auto resta centrale nella mobilità quotidiana, ma le vendite di nuove vetture sono in calo, mentre cresce il mercato dell’usato. Il prezzo continua a essere il principale freno: rappresenta il primo motivo (35%) per cui i consumatori italiani si rivolgono a marchi cinesi o asiatici. Nel primo trimestre del 2025, le auto ibride hanno raggiunto il 50% del mercato, mentre le elettriche pure (BEV) sono ferme al 5%, con livelli ancora più bassi nel Mezzogiorno. Le elettriche compatte mostrano segnali di ripresa, ma i modelli di fascia alta restano stagnanti. Nonostante il quasi totale abbandono del diesel, le emissioni medie di CO2 restano oltre i 115 g/km, superiori ai livelli del 2015. A livello europeo, la diffusione delle BEV è piatta da più di tre anni, a dimostrazione che la transizione ecologica è ancora guidata dall’offerta, più che dalla domanda.

Le sfide per l’Europa: ripensare l’intero settore auto

Il mix tra vincoli normativi stringenti, domanda stagnante e instabilità geopolitica impone un profondo ripensamento del settore auto europeo. È quanto sostiene Alberto Viano, presidente di ANIASA, sottolineando come la frammentazione dell’offerta e la bassa saturazione degli impianti minino la competitività del continente. In sintonia anche la visione di Gianluca Di Loreto, partner Bain & Company e responsabile del settore automotive in Italia, secondo il quale il comparto non può più contare sulla crescita naturale. Solo chi saprà ripensare la propria presenza geografica, rivedere la catena del valore e investire in flessibilità potrà restare competitivo nel medio-lungo termine.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

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