- SEI UN CONSULENTE FINANZIARIO AUTONOMO?
- Scopri i vantaggi del nostro servizio
Prometeia: perché i mercati sono andati bene nonostante il Covid
Ci sono diversi fattori che possono spiegare il perché nel 2020 i mercati sono andati molto bene nonostante la pandemia. Tra questi, secondo l’analisi di Prometeia, spiccano le misure espansive fiscali e monetarie, il fatto che la recessione è stata breve anche se molto profonda.
Nessuno avrebbe immaginato che, a un anno dallo scoppio della pandemia da coronavirus – con una crisi sanitaria ancora non superata – gli indici azionari si sarebbero trovati su livelli vicini o, in alcuni casi, anche molto sopra a quelli di dodici mesi fa. Un’analisi di Prometeia cerca di capire i perché, nonostante il mondo faccia fronte a una delle recessioni più profonde della storia, gli investitori possono festeggiare. Dodici mesi fa, in concomitanza con la diffusione del virus, le quotazioni azionarie subivano un crollo di una rapidità mai sperimentata prima, neppure durante la Grande Depressione. La risposta altrettanto rapida delle autorità fiscali e monetarie in quasi tutte le economie del mondo metteva però un pavimento alle perdite e, dopo poco tempo, contribuiva alla ripresa dei mercati finanziari, nonostante la forte caduta del Pil globale. Una ripresa che, sottolineano gli esperti, non si è ancora fermata.
Le misure espansive hanno fatto leva sulla finanza
Non è la prima volta che si osserva una forte divaricazione tra l’andamento dell’economia reale e la performance dei mercati. Come dopo lo scoppio della crisi del 2008-2009, questa divergenza può essere in gran parte spiegata dal supporto arrivato dalle misure monetarie espansive. Queste misure hanno infatti come effetto immediato quello di comprimere i tassi di interesse (alle varie scadenze) e i premi al rischio, spingendo quindi verso l’alto i prezzi azionari, prima di riuscire ad avere un impatto sulla domanda aggregata e - a cascata - sul Pil di un Paese. Effetti che solitamente arriveranno nel giro di qualche mese. Sicuramente gli interventi delle principali Banche centrali – in particolare la Fed, andata anche oltre quanto fatto con la crisi dei subprime – possono spiegare la buona performance dei mercati. Ma non è tutto. Alcune caratteristiche della recessione 2020 indotta dalla crisi sanitaria concorrono a giustificare quello che sta succedendo.
Una recessione profonda ma breve
Il primo fattore è che la recessione è stata molto profonda ma breve (nel terzo trimestre 2020 si è avuto un rimbalzo a V in quasi tutte le economie, in Cina la ripresa c’era già dal trimestre precedente). In questo caso le probabilità di danno permanente all’attività complessiva e di perdita di capacità produttiva sono più basse che in una recessione più lunga: l’impatto dello shock sui flussi di cassa attesi, secondo l’analisi di Prometeia, potrebbe essere minore. Il secondo fattore è che questa crisi ha colpito le diverse aree di attività in modo disomogeneo. Ha avuto un effetto soprattutto sulle imprese di servizi o di più piccola dimensione, molte delle quali non quotate sui mercati, dunque senza alcun impatto sull’andamento degli indici. Il terzo fattore sono le prospettive di redditività, che per alcuni settori sono addirittura migliorate, proprio grazie alle restrizioni imposte dalla crisi sanitaria.
Fondamentale il contributo della politica fiscale
A valle del boom nell’uso delle tecnologie per le teleconferenze o, più in generale, di tutto il settore, l’andamento dei titoli tech è schizzato verso l’alto: e questo spiega buona parte della performance degli indici Usa, oggi sui massimi storici. L’ultimo fattore è rappresentato dal contributo della politica fiscale. Con la crisi Covid è stato superato quello che in Europa era una sorta di tabù, ossia la possibilità di avere una politica fiscale espansiva anche in Paesi già fortemente indebitati, come l’Italia. Stavolta tutti i Paesi sono intervenuti con fondi pubblici in misura senza precedenti. Con il pacchetto del Next Generation EU è inoltre stato fatto poi un passo forse ancora più importante: superare la forte reticenza a qualunque forma di condivisione del rischio fiscale, con l’approvazione di contributi a fondo perduto e prestiti finanziati con emissione di debito direttamente da parte della Commissione Europea.
La festa potrebbe non essere finita
La politica fiscale espansiva a livello nazionale ha fatto infine sì che, nonostante la forte perdita di occupazione, i redditi non siano caduti tanto quanto la produzione e il Pil. E poiché non si è potuto consumare, una quota maggiore del reddito è stata risparmiata. Una buona parte di questo risparmio è stata mantenuta liquida – è vero – ma, rispetto a precedenti fasi recessive, ha sicuramente contribuito a creare più domanda di investimenti in strumenti finanziari, contribuendo a sostenerne i prezzi. Se le autorità non faranno venir meno il proprio sostegno troppo precocemente, la festa sui mercati – stimano dunque in Prometeia - potrebbe non essere finita.