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Tasse: quanto pagano in più gli italiani rispetto all’Europa
Le famiglie italiane, se potessero contare su un regime fiscale pari alla media Ue, risparmierebbero ogni anno 1.506 euro. Come carico fiscale il nostro Paese è al sesto posto. Il confronto con il differenziale negativo più ampio è con la Spagna e il Regno Unito.
È opinione diffusa secondo cui in Italia c’è un regime fiscale tra i più pesanti in Europa e adesso, grazie alla CGIA, c’è un’idea ben precisa di quanto noi italiani paghiamo in più rispetto a quanto avviene negli altri Paesi partner. Se potessimo contare su una pressione fiscale pari a quella media europea, ogni famiglia italiana risparmierebbe 1.506 euro di tasse all’anno. Dalle elaborazioni degli esperti di Mestre (sulla base dei dati dei 28 membri Ue) emerge quanto pagherebbe in più o in meno al fisco una famiglia media residente (2,3 compenti) se subisse la pressione fiscale del Paese confrontato. Ebbene, la pressione media rispetto a quella a quella media Ue è superiore di 2,2 punti percentuali.
Il Belpaese è al sesto posto per ‘carico’ fiscale
Nel 2019, con un ‘carico’ del 42,4%, l’Italia si è classificata al sesto posto per quanto riguarda il peso della pressione fiscale in percentuale del Pil. In cima a questo speciale ranking si è piazzata la Danimarca (47,6%), seguita da Francia (47,3%), Belgio (45,5%), Svezia (43,5%) e Austria (42,9%). Tra i nostri principali competitor, la Germania presenta un peso fiscale complessivo del 41,6%, il Regno Unito e la Spagna, entrambe con un carico fiscale complessivo del 35,2 per cento, possono addirittura contare su un differenziale di 7,2 punti di tasse in meno rispetto all’Italia. In queste ultime due nazioni, una famiglia italiana risparmierebbe quasi 5mila euro di tasse e contributi l’anno.
Agire già dalla prossima Legge di Bilancio
Gli italiani, nonostante una penalizzazione fiscale superiore, hanno a che fare con servizi più scadenti. La morsa del fisco è inoltre destinata a farsi più stretta a causa del recente crollo del Pil. Per questo, dice Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi CGIA, la prossima Finanziaria deve contenere un intervento choc che nel giro di qualche anno riduca di almeno 3-4 punti la pressione, perché un ‘abbuono’ di soli 10 miliardi non basta. “Per il 2021 – afferma Zabeo - è necessaria una contrazione di almeno 20 miliardi e questo obiettivo potrà essere raggiunto solo se si riuscirà ad abbassare, di pari importo, la spesa pubblica improduttiva e una parte delle agevolazioni fiscali”.
Paghiamo tanto per avere pochi servizi
La riduzione delle tasse, soprattutto di questa portata, non sarà per nulla un’operazione semplice. I tentativi fatti negli ultimi 10 anni ne sono un esempio: la spending review non ha prodotto risultati apprezzabili, mentre il numero delle deduzioni e delle detrazioni fiscali è aumentato a dismisura, soprattutto in questo periodo caratterizzato dal Covid. Un peso tributario eccessivo come quello presente nel nostro Paese costituisce un problema, sia perché alleggerisce la disponibilità economica di tante famiglie e di altrettante imprese, sia perché drena risorse che altrimenti potrebbero essere investite per favorire i consumi, gli investimenti e, quindi, lo sviluppo del sistema economico.
Semplificare il sistema, altra priorità
Con un carico fiscale così elevato e una serie di servizi erogati dalla Pubblica Amministrazione che negli ultimi anni è scesa sia in qualità sia in quantità, questa situazione - ha sottolineato il segretario della CGIA, Renato Mason - ha contribuito a un calo della domanda interna e al crollo degli investimenti pubblici. Ma oltre a tagliare le tasse, aggiunge, è altrettanto importante semplificare il sistema fiscale perché pagarle è diventato più complicato. Lo dicono gli esperti, dai commercialisti ai tecnici delle associazioni di categoria. Figuriamoci cosa ne pensano gli imprenditori che sono chiamati a misurarsi con una burocrazia fiscale che non ha eguali in Europa.
Quest’anno il peso fiscale è destinato a salire nuovamente
Nel 2019 la pressione fiscale nel nostro Paese si è fermata al 42,4% del Pil, segnando il primo aumento (+0,7 punti sul 2018) dopo 5 anni di calo. Dal record del 2013, il peso ha iniziato a scendere, soprattutto dal Governo Renzi (che ha eliminato l’Imu sulla prima casa e ridotto il costo del lavoro dei neo assunti). Cosa succederà quest’anno? Gli esperti CGIA hanno l’impressione che la pressione fiscale sia destinata ad aumentare ulteriormente poiché, anche se non sono state ritoccate all’insù le aliquote, stimano una caduta verticale del Pil più ampia della contrazione registrata dalle entrate (considerato che la pressione fiscale è la somma delle entrate tributarie e di quelle contributive).