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Le mille facce del debito globale
Quanto debito circola nel mondo? Dove cresce con più rapidità? Chi la emette? Quali sono i rischi associati al debito in questa particolare fase di mercato? Come è possibile controllare il debito o ridurlo?
Sono queste le domande che si pongono da qualche anno le autorità economiche globali. I dati definitivi del 2014 indicano che il volume complessivo del debito accumulato da Stati, istituzioni finanziarie, imprese non finanziarie e nuclei familiari ha raggiunto i 199.000 mld di usd (circa 179.100 mld di euro), stando ai calcoli più recenti elaborati dal McKinsey Global Institute sull’evoluzione dell’indebitamento delle 47 economie (tra paesi industrializzati ed emergenti) più esposte del pianeta. Il volume totale delle emissioni di questo gruppo di paesi corrisponde al 286% del Pil mondiale.
Il dato d’insieme non deve trarre in inganno e far pensare a qualcosa di omogeneo. Tra le grandi economie del pianeta, Tokio e Pechino detengono due record preoccupanti in termini di indebitamento: la prima registra la maggiore accelerazione del debito pubblico e privato dall’inizio della crisi; la seconda occupa il primo gradino della classifica del debito aggregato, con un ratio prossimo al 400% del Pil. Il debito cinese ha raggiunto il 282% del Pil ed è quadruplicata dal 2007, superando quelle di Stati Uniti e Germania. La metà del debito privato cinese è legata al mercato immobiliare. Il rischio di questa tipologia di debito è elevato perché la metà dei volumi erogati dalle banche è stata concessa in assenza di garanzie adeguate da parte dei beneficiari. La maggior parte del debito pubblico si trova nei bilanci delle municipalità.
Il Giappone è un caso a parte perché l’enorme debito pubblico e privato continua a non generare particolari preoccupazioni in merito alla sua sostenibilità nel breve e medio termine. Il debito aggregato è intanto arrivato al 400% del Pil, con una crescita del 60% rispetto al dato del 2007. Nel caso nipponico, la quasi totalità dell’accelerazione del debito si deve alla crescita dell’esposizione del settore pubblico. La particolarità della situazione giapponese risiede in due caratteristiche fondamentali: il paese può contare su un elevato stock di risparmio privato che finanzia sistematicamente l’emissione di titoli di stato; quasi tutto il debito pubblico è nelle mani di investitori domestici.
Uno dei punti chiave per comprendere il fenomeno della lievitazione del debito pubblico a livello globale risiede nella necessità –a partire dal 2008- di emettere quantitativi crescenti di titoli di stato per raccogliere risorse da destinare all’assorbimento dei passivi accumulati dalle banche e da imprese coinvolte in prima persona nello scoppio delle bolle immobiliari. I paesi più coinvolti dalle ‘esuberanze immobiliari’ sono stati: Spagna, Irlanda, Portogallo e Grecia. I livelli raggiunti rappresentano una minaccia per la crescita perché gli agenti economici sono sempre più impegnati nel pagamento delle cedole e nella riduzione della dipendenza dai debiti; in secondo luogo perché nelle economie con un elevato debito pubblico, lo Stato svolge un ruolo di accaparratore delle risorse che potrebbero essere destinate al settore privato, di calamita del risparmio nazionale (necessario a finanziare continuamente le nuove emissioni e onorare quelle che giungono a scadenza). Questo processo inibisce la riattivazione di investimenti in altri settori e frena la potenziale crescita. Passare a livelli di ratio debito/Pil sempre più elevati incorpora un costo per la crescita.
I danni sulla crescita imputabili al debito sono differenti da paese a paese. Differenti sono anche gli effetti del debito pubblico sulla crescita in generale. I primi effetti sugli investimenti e la crescita sono generati dai dubbi sulla sostenibilità del debito. Il Giappone ha un ratio debito/Pil del 200% e non genera grandi dubbi sulla sua sostenibilità. Per molti paesi latinoamericani, i dubbi sulla sostenibilità dei debiti pubblici sono sorti quando il ratio ha superato quota 45. In altre parole, gli operatori di mercato credono che sia sostenibile solo il debito che non abbia effetti devastanti sulla crescita e sulla credibilità generale di un’economia.
Quali le ricette per rendere sostenibile il problema del debito? Le formule tradizionali sono la generazione d’inflazione, che riduce il carico finanziario nominale e la relazione di quest’ultimo rispetto alla ricchezza di un paese; la crescita economica, che consente ai debitori di far fronte più agevolmente agli impegni presi e riduce il peso del debito sul Pil; disporre di tassi artificialmente bassi per ridurre il carico gravante sui debitori pubblici e privati (ma questa ricetta comporta un continuo trasferimento di reddito dai risparmiatori ai debitori, con effetti pericolosi sull’economia); infine, haircut del debito per ridurne il peso complessivo o ristrutturazioni negoziate che operino sulle scadenze dei titoli e sulle cedole.