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Cina, la bolla immobiliare torna a fare paura
L’economista capo della Banca centrale cinese, Ma Jun, ha chiesto l’introduzione di misure per frenare la bolla immobiliare che è in fase di gestazione nella seconda economia del pianeta e ridurre il finanziamento alle imprese statali inefficienti.
Jun ha richiamato l’attenzione sui rischi crescenti ascrivibili all’eccesso di credito erogato a favore del settore immobiliare. Nelle grandi città come Pechino, Shanghai, Canton e Shenzen, le quotazioni delle abitazioni salgono a tassi a doppia cifra rispetto al 2015. Nelle città medio-piccole, i prezzi salgono ma a ritmi più moderati.
Il settore immobiliare cinese, che ha subito un consistente raffreddamento tra il 2014 e la prima metà del 2015, ha recuperato il suo impeto nella seconda metà dell’anno scorso e continua a mostrare forti segnali di dinamismo dall’inizio del 2016.
Questi dati sono comunque difficili da maneggiare perché le autorità non pubblicano dati ufficiali sul mercato immobiliare e si limitano a fornire informazioni sull’evoluzione nelle settanta maggiori città del paese.
Jun ha inoltre chiesto una riduzione del flusso di denaro a basso costo offerto alle imprese statali scarsamente competitive, mostrandosi favorevole al default di alcune di queste. In altre parole, l’economista ha posto l’accento sulla necessità di lasciare al mercato la determinazione dei costi di finanziamento all’interno del mercato cinese.
L’esperto ha segnalato la necessità di frenare il ritmo d’indebitamento delle imprese cinesi e, allo stesso tempo, ha invitato le autorità a cercare soluzioni capaci di ridurre l’esposizione debitoria (sulla quale il Fondo Monetario Internazionale ha recentemente lanciato un allarme nel suo ultimo report sull’economia del gigante asiatico).
Jun ha tuttavia avvertito che il suo paese non può ridurre rapidamente i livelli d’indebitamento perché finirebbe per rallentare troppo la marcia dell’economia (che cresce al tasso più lento degli ultimi venticinque anni, con inevitabili conseguenze negative sull’occupazione).
Il FMI e altre istituzioni hanno messo in guardia dai rischi che implica l’eccessiva crescita del credito, attribuita agli stimoli monetari introdotti dalla banca centrale dalla fine del 2014.
La Banca Centrale ha adottato sei tagli al costo del denaro e cinque revisioni dei coefficienti che fissano i livelli delle riserve degli istituti di credito nel periodo che va da novembre 2014 a ottobre 2015. In seguito ha evitato nuovi interventi di questo tipo ed è ricorsa a iniziazioni di liquidità a supporto del credito e della crescita economica.