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L'oro torna a brillare
Dopo essere stato bistrattato e dimenticato dagli investitori per un triennio, il 2016 ha segnato il grande ritorno dell'oro, che da inizio anno ha messo a segno una performance che si avvicina al 30%, con i prezzi che sono balzati da 1.060 a oltre 1.300 dollari l'oncia, rendendo il metallo giallo una delle asset class più profittevoli in un periodo che non è sicuramente stato semplice per i mercati.
Nel primo semestre del 2016 la domanda globale di oro è stata di 2.335 tonnellate, in aumento del 15% rispetto allo stesso periodo del 2015, trainata dalla richiesta di oro da investimento, che ha toccato le 1.064 tonnellate, ovvero quasi la metà della domanda complessiva a livello globale, e soprattutto il 16% in più rispetto al record registrato nel primo semestre del 2009.
Un boom che ha controbilanciato in parte una domanda piuttosto anemica di oro per finalità di gioielleria, che ha invece registrato un calo del 14% rispetto al primo semestre del 2015. A pesare sul settore della gioielleria ha contribuito sicuramente in maniera importante il repentino rialzo del prezzo del metallo giallo a inizio anno, che ha influito negativamente su mercati particolarmente "price sensitive" come quello indiano, ma anche l'instabilità politica nei mercati del Medio Oriente e la stagnazione economica in Cina. La combinazione di questi fattori si riflette nei dati: il valore in dollari americani della domanda di oro per gioielleria nel primo semestre si è attestata a 36,3 miliardi, il livello più basso dal 2010, mentre in termini di volumi è stata al di sotto della media storica degli ultimi cinque anni di oltre il 20%.
Le due facce dell'andamento del mercato dell'oro, da una parte il record della domanda per investimento e dall'altra il calo della domanda per gioielleria, si riflettono anche a livello geografico, con un deciso spostamento della domanda dai mercati asiatici, in particolare Cina e soprattutto India, ai mercati occidentali.
Come si evince dai dati riportati dal World Gold Council, la domanda di oro da investimento nel primo semestre del 2016 è letteralmente esplosa, con un incremento del 141% anno su anno, e a fare la parte del leone, dopo tre anni consecutivi di flussi negativi, sono stati gli exchange-traded product: a fine giugno la domanda di Etp sull'oro ha raggiunto le 580 tonnellate, avvicinandosi al record annuale di 645 tonnellate toccato nel 2009, nel pieno della crisi finanziaria. E se è vero che la maggior parte degli investimenti in Etp è avvenuta sui mercati dei paesi occidentali, questi strumenti hanno riscosso un buon interesse anche in altre aree del globo, in particolare in Cina: nei primi sei mesi dell'anno gli investitori cinesi hanno quadruplicato gli investimenti in prodotti exchange-traded sull'oro, con gli asset in gestione che sono passati da 215 milioni a oltre un miliardo di dollari alla fine del semestre.
Alla base di questo rinnovato interesse nei confronti dell'oro si possono individuare diversi fattori. L'instabilità geopolitica in Medio Oriente, i dubbi sulla crescita economica a livello globale, il referendum birtannico che ha sancito la Brexit e il suo potenziale impatto sull'assetto politico ed economico dell'Unione Europea, le elezioni presidenziali negli Stati Uniti, ai quali vanno sommate la politiche monetarie di tassi negativi, questi sono tutti elementi che hanno contribuito fin dall'inizio dell'anno a creare un contesto di grande incertezza sia a livello politico che economico, una sorta di "tempesta perfetta" nella quale gli investitori sono tornati a considerare l'oro il bene rifugio per eccellenza. A questo va aggiunto un ulteriore elemento che rende l'oro un asset interessante da avere in portafoglio, ed è la sua storica decorrelazione rispetto alle altre principali asset class, obbligazionaria e azionaria, che in questo momento non godono sicuramente di una salute di ferro.