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Mercati, poco entusiasmo
La settimana che va a chiudersi sui mercati è risultata tutto sommato poco entusiasmante: i dati economici che sono emersi hanno continuato a presentare il solito quadro di crescita tenue, anche se resta evidente per il momento una forte tenuta da parte dei consumatori Usa. Il consumo rappresenta attualmente la parte più vitale dell'economia mondiale e di fatto l'unico driver di crescita.
A dare una mano alle diverse piazze finanziarie è venuto il nuovo accordo dell'Opec annunciato lo scorso mercoledì ad Algeri, in cui i membri del cartello petrolifero hanno annunciato tagli alla produzione per circa il 2% del totale attuale, con un target giornaliero fra i 32,5 e i 33 milioni di barili. L'annuncio ha aiutato il petrolio a riportarsi vicino alla soglia di 50 con il Brent in rialzo del 6% mercoledì a 49 dollari al barile.
Dall'altra parte a provocare volatilità è arrivata l'ennesima fase di nervosismo riguardante le banche europee, in particolare Deutsche Bank, dopo che la cancelliera Angela Merkel ha lasciato intendere che al travagliato colosso della finanza teutonica non arriveranno aiuti di stato, in seguito alla multa da 14 miliardi di dollari suggerita dal Dipartimento di giustizia Usa per le irregolarità commesse in passato nel campo dei titoli basati su mutui cartolarizzati.
La settimana prossima potrebbe rivelarsi nuovamente piuttosto volatile per i mercati mondiali: è prevista a una serie non da poco di dati, dal Pmi manifatturiero di settembre statunitense ai numeri sulla disoccupazione dello stesso mese. Quest'ultimo indicatore dovrebbe rimanere impalato al 4,9%, mentre per il mese il consensus degli analisti vede un'aggiunta netta di 151 mila posti di lavoro.
Anche in questo caso non vengono previsti grandi scossoni rispetto alle rilevazioni recenti: ovviamente grande attenzione verrà posta sull'andamento delle paghe nel paese, per capire lo stato di salute effettivo dell'economia e di conseguenza le reali intenzioni della Federal Reserve.
L'impressione che si ha osservando l'andamento dei mercati di questi tempi è che ci sia una grande paura di fondo, a causa di problemi strutturali mai risolti dalla crisi finanziaria. James Butterfill, responsabile della ricerca di Etf Securities, ha pubblicato di recente un interessante studio che evidenzia la correlazione fra l'espansione dei bilanci delle banche centrali (con un anno di ritardo) e il crescere delle disuguaglianze in termini di reddito fra il 10% più benestante e il 40% più povero, nonché fra questo fenomeno e l'ascesa di partiti, sia di destra sia di sinistra, anti globalizzazione.
In pratica il rischio politico, tornato prepotentemente alla ribalta, appare uno dei tanti effetti indesiderati delle politiche monetarie globali di questi anni, che hanno sì permesso di evitare la catastrofe, ma non hanno risolto mezzo problema strutturale.
Fintanto che la situazione continuerà a essere impostata in questa maniera, è lecito aspettarsi una continuazione della traiettoria attuale: fasi di calma piatta, cui fanno seguito brevi flash di panico, con una sovraperformance dei temi growth, tipica di una spasmodica ricerca di crescita in giro per il mondo.
Nelle prossime settimane comunque risulterà fondamentale concentrarsi sui risultati aziendali, specialmente in Europa: se da lì arrivassero sorprese positive, potrebbe iniziare a migliorare quello che finora è stato l'andamento relativamente più debole dell'azionario europeo rispetto ad altre asset class in giro per il mondo.