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Emergenti, un 2016 da leoni
Attualmente a un investitore che si trova nel mondo sviluppato e più in particolare in Europa, quali prospettive possono offrire i mercati emergenti rispetto ai titoli delle borse di casa? Per comprendere ciò, ci serviamo di un paio di indicatori su diverse fasi temporali. Per le borse in via di sviluppo prendiamo l'Msci emerging markets index, che contiene i 23 maggiori listini del mondo emergente e consideriamo le sue performance in dollari per raffrontarle con quelle delle piazze più tradizionali. Per quanto riguarda queste ultime, prendiamo l'Msci Ac world index, che invece considera sempre le 23 più importanti piazze azionarie emergenti, cui vengono aggiunte altre 23 sviluppate: si tratta dunque di un benchmark che sostanzialmente rappresenta l'azionario globale.
Ovviamente si tratta di distinzioni non del tutto chiare: ad esempio Hong Kong e Singapore in questo ambito rientrano fra i mercati sviluppati, mentre Corea e Taiwan no; inoltre in Europa anche Portogallo e Spagna vengono considerati fra gli sviluppati, nonostante abbiano un Pil pro capite nettamente inferiore rispetto alle due potenze industriali asiatiche menzionate.
Comunque, venendo al nocciolo della questione, si scopre subito un elemento interessante: non solo l'annata per gli emergenti è stata decisamente buona, ma nell'ultimo biennio, da metà dicembre a metà dicembre, essi hanno completato praticamente un'andata e ritorno in termini di performance relative rispetto al resto del mondo.
Andiamo con ordine: al 27 dicembre la performance da inizio dell'anno in dollari (è importante sottolineare questo concetto vista l'ascesa del biglietto verde), era di circa il 7%, un valore neppure paragonabile all'equivalente dello Stoxx 600 europeo, che è in territorio abbondantemente negativo. Non solo: se allarghiamo il discorso al resto del pianeta e a 24 mesi, vediamo che l'Msci emerging, sempre calcolato in dollari, ha messo a segno rispetto all'Msci Ac world totale, calcolato però nelle valute locali, rendimenti complessivi più o meno equivalenti.
L'elemento interessante è che la performance relativa ha toccato il proprio momento peggiore dell'ultimo biennio nell'autunno del 2015, quando, rispetto alla media mondiale, nel giro di meno di un anno l'Msci emerging aveva accumulato uno svantaggio superiore a 16 punti percentuali di rendimento. Da allora la ripresa è stata a dir poco fenomenale, testimoniata dalle forti performance del mercato russo e brasiliano in questo 2016 ormai alla conclusione.
È inoltre interessante notare che nello stesso periodo lo Stoxx 600 ha fatto segnare rispetto al mondo in generale (sempre rappresentato dall'Msci Ac world) un passo peggiore: in questo caso i minori rendimenti forniti sono calcolati in valuta locale nell'ordine del 6-7% a partire dalle ultime settimane del 2014. La performance assume connotati quasi shockanti se ci si concentra sulla sfavorevole scelta delle valute di computo: dollari per gli emerging, locale per il mondo sviluppato in generale ed Europa, e se si analizza come si è giunti a questo risultato. Nel febbraio del 2015 infatti il Vecchio continente mostrava un accumulo di extra-rendimento massimo nell'ordine del 15% rispetto alla totalità dei principali listini.
Nei primi mesi del periodo da noi considerato l'Europa sembrava sull'orlo dell'esplosione al rialzo, cui ha fatto seguito una mezza débâcle e una rapida ripresa delle quotazioni degli asset di alcune delle economie in via di sviluppo più problematiche, pure al netto dell'andamento valutario.
Si tratta di un semplice rimbalzo dovuto a una rotazione in puri termini di temporanee occasioni value oppure di qualcosa di più profondo? La risposta la vedremo prossimamente.