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Emergenti, buoni profitti sul lungo periodo
In un articolo precedente era stato analizzato l'andamento degli ultimi anni e recente dei mercati emergenti per tentare di capire quali potranno essere le performance relative future rispetto all'Europa. In questo nuovo articolo proseguiamo con la nostra disamina, anticipando subito le conclusioni: i listini azionari del mondo in via di sviluppo in questo 2016 sono tornati a sovraperformare in maniera anche piuttosto robusta, una volta considerato la componente valutaria, l'equity europeo. L'elemento interessante è che a partire dai primi anni 2000 è stato quasi sempre così, se non nel triennio che va grosso modo dal 2012 al 2015.
Facciamo parlare al riguardo qualche dato, andando innanzitutto a osservare le performance complessive, inclusi i dividendi in dollari dell'Msci emerging market, che racchiude le 23 principali piazze di questa asset class: nel 2002 si è avuto -6,17%, nel 2003 +55,82%, nel 2004 +25,55%, nel 2005 +34%, nel 2006 +32,14%, nel 2007 + 39,42%, nel 2008 -53,33%, nel 2009 + 78,51%, nel 2010 +18,88%, nel 2011 -18,42%, nel 2012 +18,22%, nel 2013 -2,6%, nel 2014 -2,19%, nel 2015 -14,92%. Complessivamente, se si fosse investito un dollaro a fine 2001 su questo indice, alla fine dell'anno passato si sarebbe arrivati a possedere circa 3,5 dollari.
Ora osserviamo i rendimenti per l'Msci Ac world index che comprende, oltre ai 23 emergenti di cui sopra, anche 23 listini equity sviluppati, fra cui il possente mercato statunitense, e rappresenta circa l'85% della capitalizzazione del mondo. Per questo benchmark le performance, sempre in dollari, sono state le seguenti: -18,98% nel 2002, +34,63 nel 2003, +15,75% nel 2004, +11,37% nel 2005, +21,52% nel 2006, +12,18% nel 2007, -41,85% nel 2008, +35,41% nel 2009, +13,21% nel 2010, -6,86% nel 2011, +16,80% nel 2012, +23,44% nel 2013, +4,71% nel 2014, -1,84 nel 2015. Complessivamente un dollaro investito su questo benchmark globale nel 2001 sarebbe cresciuto a fine dell'anno passato a circa 2,35 dollari.
Inoltre se analizziamo le performance annuali, vediamo che negli 11 anni fra la fine del 2001 e quella del 2012, solamente in due annate (2008 e 2011) gli emergenti hanno sottoperformato la media mondiale. È vero che i primi anni del secolo fino alla grande crisi finanziaria hanno visto uno sviluppo eccezionale di questi paesi, che invece venivano da un quadro disastroso a fine anni '90, ma è anche altrettanto fuori discussione che il collasso finanziario dell'ultimo decennio ha portato solamente fino alla fine del 2012 a un aumento di beta, cosa che ci poteva anche stare vista l'elevata leva del sistema e l'afflusso di capitali verso questa asset class. Fino al triennio maledetto, precedente la ripresa dell'ultimo anno, gli emergenti hanno continuato a essere un luogo largamente migliore della media mondiale, anche se magari inferiore agli Usa, per ottenere profitti.
Infatti, se si fosse investito all'apice della bolla, a fine 2007, dopo un periodo eccezionale per gli emergenti, sull'Msci Em, si sarebbe riusciti a tornare quasi in pari (99% dell'investimento iniziale) a fine 2010, mentre per il mondo in generale al termine dello stesso anno si stava ancora a circa 89 centesimi per ogni dollaro investito alla conclusione del 2007. Il sorpasso è avvenuto nella seconda parte del 2012: al 31 dicembre di quell'anno infatti l'Msci Ac world index era a circa 97 centesimi per ogni dollaro di fine 2007, mentre per il Msci emerging market ci si era fermati a 95%.
È stato in pratica solamente in tre annate o poco più che l'equity delle nazioni in via di sviluppo ha cominciato a fornire performance disastrose, che però si sono rivelate tali soprattutto grazie all'incredibile ripresa degli asset statunitensi. Ma molto diverso è stato il confronto con l'Europa, come vedremo in una prossima analisi.