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Banche centrali, un 2017 molto complicato
Un problema agita in questo inizio anno gli investitori: che cosa faranno le banche centrali nell'anno che verrà? Assisteremo a una vera exit strategy da una politica che ormai ha quasi un decennio alle spalle oppure nella sostanza l'economia e soprattutto i principali mercati mondiali saranno ancora sostenuti dalle iniezioni di liquidità degli istituti di emissione?
Vediamo i principali problemi e le possibili scelte dei due maggiori protagonisti della politica monetaria.
Federal Reserve. La Banca centrale Usa ha già da tempo chiuso il suo quantitative easing, ma di fatto nell'ultimo anno non ha sicuramente dato vita a una vera politica di rialzo dei tassi. Sotto certi punti di vista ha avuto un comportamento totalmente contraddittorio, ai limiti del ridicolo: ha annunciato incrementi che per mesi e mesi non sono arrivati e poi alla fine si sono concretizzati in un +0,50%, partendo di fatto dai tassi a zero.
Il problema fondamentale della Fed è uno: ritoccare i tassi verso l'alto senza creare danno all'economia e a Wall Street, visto che le due ultime manovre di rialzo hanno provocato qualche disastro sui mercati. In pratica per riuscire a portare avanti questa manovra occorre che l'economia sia sufficientemente forte per reggere interessi più alti.
In tutto ciò c'è una piccola incognita: Trump. Il nuovo presidente ha promesso una politica economica incentrata sulle spese, sulla diminuzione delle tasse e sul rilancio delle aziende americane. Dovrebbe essere dato il via a un piano di costruzione di infrastrutture che potrebbe arrivare a un trilione di dollari. Se questa strategia avrà successo, come sta scommettendo il mercato che è ai massimi di sempre, la Fed potrà proseguire con il suo programma di incremento dei tassi, ma se qualcosa si incepperà o comunque i risultati saranno inferiori alle attese, anche grazie alle guerre commerciali che il neopresidente vuole intraprendere con quasi tutto il mondo, Janet Yellen sarà costretta a una veloce marcia indietro. In pratica la presidente della Fed si sta chiedendo, come qualsiasi piccolo investitore americano, se Trump è un bluff o è una cosa seria.
Con un ulteriore problema per la Fed: la politica di stimolo dell'economia del governo Usa, tra incremento delle spese e diminuzione delle tasse, potrebbe mettere molto in difficoltà il bilancio dello stato, che non potrebbe permettersi di pagare interessi troppo alti (incidentalmente una delle promesse elettorali di Trump era stata l'azzeramento del debito pubblico in otto anni). A quel punto un intervento sul mercato dei bond, in pratica un altro quantitative easing, sarebbe totalmente necessario.
Bce. Il problema della Banca Centrale Europea, rispetto alla Fed, è abbastanza diverso. La politica dei tassi a zero è assolutamente indispensabile per permettere a diversi stati dell'Eurozona di non crollare sotto il peso del servizio al debito. L'Italia, la Grecia, ma tutto sommato anche la Francia e la Spagna, oltre che Belgio, Portogallo e Irlanda, hanno un cumulo di debiti pubblici che può essere tollerato solamente se il costo degli interessi si avvicina allo zero. Nella speranza, in verità abbastanza labile, che nel frattempo i governi rientrino e che un incremento dell'inflazione abbassi il valore reale del debito.
Ma se da una parte c'è la Scilla dei debiti pubblici, dall'altra la Bce deve affrontare la Cariddi del sistema bancario europeo, che con i tassi a zero rischia di non avere più margini di profitto. E un sistema bancario che non ha guadagni rischia non solamente di destabilizzare tutto il sistema, ma soprattutto di rendere vano il tentativo di fare ripartire l'economia, che era uno degli scopi principali del Qe europeo. In pratica per Draghi è un problema non da poco da risolvere: un'exit strategy potrebbe ridare fiato alle banche, ma farebbe immediatamente ripartire la crisi dei paesi più deboli. E, a differenza della Yellen, Francoforte non può neppure scommettere su un Trump, cioè sulla speranza di un forte cambiamento.
In conclusione, visto dalla prospettiva delle banche centrali, il 2017 si presenta con enormi difficoltà, ma, come sta avvenendo ormai da anni, l'America può sperare in qualche positivo terremoto, sia pure con rischi enormi, mentre l'Europa sembra condannata all'immobilismo. Con le immaginabili conseguenze per i mercati e gli investitori.