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Come costruire un portafoglio prudente per il nuovo anno?
Ci sono voluti trenta anni per dare ragione a coloro che sostenevano l’inesistenza di valore nel reddito fisso. La profezia ha trovato terreno fertile. Il 2017 ha tutte le credenziali in regola per essere l’anno giusto
Per i risparmiatori che hanno mantenuto i loro averi in veicoli d’investimento obbligazionari focalizzati sui titoli caratterizzati su scadenze medio-lunghe, l’arrivo della ‘repressione finanziaria’ si è rivelato un periodo d’oro. Se osserviamo le performance medie realizzate dai fondi ed etf obbligazionari dal 1995 ai nostri giorni, è possibile notare come il rendimento medio annuo si sia attestato al 4% in un periodo in cui la crescita annua dei prezzi al consumo (inflazione) è stata di circa il 2%. Nell’ipotesi in cui decidessimo di concentrare la nostra attenzione solo sui prodotti che ospitano titoli a scadenza medio-lunga, ed escludessimo quelli focalizzati sui bond a breve termine, il risultato sarebbe quasi doppio.
Ma disgraziatamente tutto ha una sua fine e la ‘financial repression’ delle banche centrali sembra proprio che stia per finire per volontà del più potente di questi istituti: la Federal Reserve. In questo nuovo scenario di riferimento, quali soluzioni restano all’investitore conservatore? Eliminando la caccia alle soluzioni miracolose (che non esistono), resta solo la capacità di pianificare con precisione il rischio che ci si vuole assumere. Immaginiamo di avere a disposizione cento euro e di destinarne 90 a fondi estremamente prudenti e con un rendimento atteso non superiore all’1% (ma con un rischio di perdita pari a 0).
I dieci euro che restano li destiniamo a un fondo azionario con un rendimento atteso prossimo al 15% e una volatilità attesa molto alta. Se osserviamo quanto accaduto nei mesi successivi all’estate dell’anno in corso, possiamo notare che un portafoglio così composto sarebbe stato capace di garantire un rendimento del 2% nel secondo semestre dell’anno. Certo, il tutto è avvenuto grazie al contributo dato dal listino azionario statunitense, che nel frattempo ha messo a segno un rialzo del 18%. Tuttavia, anche se gli Usa avessero registrato una performance del +10%, tale portafoglio (estremamente prudente) sarebbe stato in grado di soddisfare le esigenze di un investitore conservatore.
Il ragionamento potrebbe rivelarsi efficace anche nel 2017. Ipotizziamo di avere a disposizione un portafoglio di centomila euro. Il 90% andrebbe destinato a fondi o etf prudenti, la restante parte a prodotti azionari. Nell’ipotesi in cui i diecimila euro destinati all’azionario perdessero il 10% nel corso del prossimo anno, la perdita (mille euro) sarebbe quasi completamente compensata dall’1% guadagnato con i veicoli d’investimento ultraprudenti. Nel complesso, l’investitore accumulerebbe una perdita di cento euro su un portafoglio d’investimento di centomila euro.
Tuttavia, nell’ipotesi contraria, quella che contempla una crescita delle Borse del 10%, i diecimila euro si trasformerebbero in undicimila euro e il guadagno complessivo del portafoglio (sommato ai 900 euro derivanti dall’1% della parte conservativa) ammonterebbe a 1.900 euro, cioè l’1,9% dei centomila euro investiti. Riepilogando, avremmo una performance di quasi il 2% se le Borse continueranno a correre e del -0,1% se i listini azionari cedessero il 10%. Anche nell’ipotesi di scivolone dei listini azionari del 15%, la perdita complessiva per il portafoglio sarebbe più che accettabile.
Cosa ci insegna questo semplice schema? Che il portafoglio e le performance (positive, ci si augura, o negative) devono essere sempre considerati nel loro insieme e non come un puzzle composto da pezzi non affiancabili. Come tutte le strategie, anche questa ha un punto debole che si chiama inflazione. Nell’ipotesi in cui l’accelerazione dei prezzi al consumo dovesse essere superiore al rendimento del portafoglio, la performance reale conseguita sarà leggermente negativa nell’ipotesi di rendimento complessivo all’1,9%, e negativa del 2% se i listini azionari non dovessero comportarsi bene. Un’opzione valida per mitigare i danni derivanti da una possibile risalita dell’inflazione potrebbe essere data dalla destinazione di una quota della componente obbligazionaria a bond indicizzati all’inflazione con scadenze medie.