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Banche meno sofferenti
Giungono finalmente buone notizie dal sistema bancario italiano, che rappresenta ben il 13,2% della capitalizzazione del Ftse Mib. Secondo l’ultimo bollettino pubblicato dall’Abi, a fine gennaio scorso le sofferenze nette dell’intero sistema sono scese a 77,8 miliardi, la quota più bassa dal giugno del 2014.
Rispetto al 31 dicembre scorso, quando le sofferenze si erano attestate a 86,8 miliardi, si è, infatti, verificata una contrazione di ben 9 miliardi di euro. I dati pubblicati dall’Associazione bancaria italiana testimoniano il trend di discesa dei cosiddetti non performing loans che preoccupano tanto gli istituti di credito del Belpaese quanto le aziende che vorrebbero accedere ai finanziamenti.
Sempre dal bollettino Abi emerge che per la prima volta negli ultimi due anni anche il rapporto tra sofferenze nette, capitale e riserve delle banche italiane ha toccato il valore più basso: 17,62% rispetto al 18,62% di gennaio 2015 e del 19,75% del novembre 2015, quando i non performing loans avevano toccato il picco massimo di quasi 89 miliardi. Per effetto di queste dinamiche il rapporto tra sofferenze nette e impieghi totali si è ridotto al 4,45% rispetto al 4,89% del 31 dicembre 2016.
Al di là della riduzione significativa (pari a circa il 10% del totale) dei crediti deteriorati, uno studio della Cgia di Mestre ha analizzato nel dettaglio i dati e ha evidenziato a chi è riconducibile quest’enorme massa di crediti in sofferenza. Dal report emerge che l’81,1% delle sofferenze in capo ai nostri istituti bancari è stato generato dal primo 10% degli affidati che rappresentano, con buona approssimazione, la platea delle grandi imprese e dei gruppi societari. Ancor più nel dettaglio, secondo una rilevazione dell’Unione nazionale delle imprese (Unimpresa), più del 42% delle sofferenze bancarie è riconducibile alle società attive nell’edilizia.
Mentre le società di costruzioni si ritagliano il 27,57% delle sofferenze (con 43,5 miliardi di euro), le aziende del comparto delle attività immobiliari sono “responsabili” del restante 15,17% (23,9 miliardi), per un totale di crediti in sofferenza di 67 miliardi di euro. Non sono da meno le imprese manifatturiere, che presentano crediti in sofferenza pari a 33,6 miliardi di euro (il 21,3% del totale), mentre è meno significativa la quota che si riferisce alle imprese legate al settore del turismo, con il 5,91% e 9,3 miliardi di euro di crediti in sofferenza.
Intanto, sempre l’Abi ha comunicato che i dati del monitoraggio sull’iniziativa “Imprese in ripresa” confermano l’andamento positivo e l’impegno del settore bancario per la sospensione delle rate o l’allungamento dei finanziamenti per le imprese in difficoltà. Al 31 gennaio scorso sono state accolte 15.196 domande di sospensione del pagamento delle rate per un controvalore complessivo di debito residuo pari a 4,4 miliardi di euro e una maggior liquidità a disposizione delle imprese di 581 milioni di euro. Inoltre, sono state accolte 4.578 domande di allungamento del piano di ammortamento pari a 975 milioni di euro di debito residuo.
L’analisi riguardante l’iniziativa “Imprese in ripresa” evidenzia che le domande per sospendere la quota capitale delle rate di mutui e leasing, allungare il piano di ammortamento dei mutui e le scadenze del credito a breve termine, riguarda il 21,4% delle imprese del settore “commercio e alberghiero”, il 13,8% delle aziende del settore “industria” e il 16,8% delle società del campo “edilizia e opere pubbliche”.