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Le sfide future delll'Unione Europea
Il futuro del Vecchio Continente è costellato di difficoltà, non solo economiche ma anche sociali e politiche. Dopo sessanta anni di prosperità, i prossimi decenni si prospettano piuttosto impegnativi
Sono trascorsi sessant'anni da quel fatidico 25 marzo 1957, quando i capi di governo di Belgio, Francia, Germania, Italia, Olanda e Lussemburgo apposero la firma sui Trattati di Roma che segnarono la nascita della Comunità Economica Europea e avviarono un lungo percorso di integrazione economica e politica che ha portato alla nascita dell'Unione Europea con la firma dei Trattati di Maastricht nel 1992.
Dal 1957 a oggi l'Ue è passata da 6 a 28 membri, conta una popolazione di oltre 500 milioni di persone e le economie dei paesi membri producono complessivamente una ricchezza di 15.000 miliardi di dollari. Numeri che rendono l'Unione Europea la seconda maggiore economia del mondo dietro gli Stati Uniti, con oltre un quinto del Pil prodotto a livello globale.
Negli anni la creazione di un mercato unico, che inizialmente aveva la funzione di consentire la libera circolazione dei beni, ha portato alla libera circolazione delle persone, dei capitali e dei servizi, e le condizioni di vita e di lavoro degli abitanti dell'Unione sono migliorate in un modo che i firmatari dei primi trattati non avrebbero mai immaginato.
In questi sei decenni l'Ue ha anche giocato un ruolo fondamentale nel garantire pace e stabilità tra i paesi del Vecchio continente, mettendo fine a secoli di guerre e conflitti, e ha contribuito al consolidamento di democrazie giovani in paesi come Grecia, Portogallo e Spagna, così come nelle dieci nazioni dell'Europa dell'Est che hanno aderito all'Unione nel 2004.
Nonostante questi straordinari risultati, il sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma è un momento di riflessione e di preoccupazione, non solo di celebrazione, anche per i più ferventi sostenitori del progetto europeista. L'ultimo decennio infatti è stato un periodo particolarmente difficile e turbolento, di crescita economica molto debole, a partire da quando la crisi finanziaria globale ha scatenato la crisi del debito sovrano, e di fragilità politica, nel momento in cui sono state messe in dubbio la reputazione, le conquiste e la capacità di agire dell'Europa unita e sono emerse divergenze interne sempre più difficili da ricomporre. Il referendum del giugno 2016 che ha sancito l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione è la più evidente manifestazione dei dubbi che avvolgono il destino dell'Europa a 28.
Guardando al futuro, se vuole sopravvivere l'Europa dovrà affrontare e vincere le sfide poste da tre importanti forze che agiscono a livello globale, come evidenziato da una recente ricerca del McKinsey Global Institute. Innanzitutto, l'invecchiamento della popolazione creerà un gap nella crescita economica, causato dalla diminuzione della percentuale di persone in età da lavoro, ponendo un freno alla crescita futura della produttività, che peraltro è già in calo.
In secondo luogo, lo sviluppo, sempre più rapido, della digitalizzazione e dell'automazione, metteranno in difficoltà l'economia europea, la esporranno a un nuovo genere di competizione e se da una parte potranno aiutare a ridare slancio alla produttività compensando il gap creato dalle dinamiche demografiche, dall'altra solleveranno difficili interrogativi sul futuro del mondo del lavoro.
Terzo, l'Ue si trova oggi a fronteggiare la crescente competizione delle economie emergenti e delle multinazionali digitali, è sottoposta a pressioni legate all'aumento dei flussi migratori all'interno dei suoi confini, e a una crescente insofferenza e disagio dei cittadini europei nei confronti della globalizzazione e delle istituzioni, che in alcuni paesi sta sfociando in movimenti anti-europeisti.