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In Italia la classe media investe sempre meno
Lo studio GfK su ‘Sentiment e Risparmio delle famiglie Italiane’ ha evidenziato come progressivamente le famiglie italiane che possono contare su redditi medi o medio-bassi siano uscite dal mondo degli investimenti
Secondo i curatori della ricerca, questo cambiamento è da ascrivere a più motivazioni. In primis la bassa auto-percezione di competenza finanziaria delle famiglie, che determina una difficoltà ad identificare spontaneamente e in autonomia soluzioni più evolute di gestione e allocazione delle proprie risorse economiche.
A questo aspetto si unisce un progressivo allontanamento negli anni dalle tematiche finanziarie: l’interesse ai temi finanziari coinvolge oggi meno di un quarto dei decisori finanziari italiani rispetto alla quota di 1 su 2 che si registrava nel 1987. Le famiglie mostrano, inoltre, difficoltà nell’identificare interlocutori a cui concedere fiducia.
La crescita del numero di famiglie rimaste fuori dal mondo degli investimenti viene in parte ascritta anche alla focalizzazione dell’offerta sulle esigenze dei nuclei che dispongono di patrimoni elevati o medio-alti.
Attualmente la clientela dell’industria del risparmio gestito è costituita prevalentemente da clienti con asset ‘Affluent e Private’, che effettuano investimenti crescenti di masse nel risparmio gestito. È invece uscita una quota importante di mercato “medio”.
Il risultato più sorprendente che si evince dalla ricerca è che esiste un bacino di quasi cinque milioni di famiglie che non ha attualmente investimenti finanziari, ma asset interessanti (compresi fra i 10.000€ e i 100.000€), che si dimostra reattiva ed interessata ad una ottimizzazione della costruzione del proprio portafoglio finanziario, riducendo la quota di liquidità (l’accumulo appunto) in favore di prodotti finanziari con obiettivi di programmazione, previdenza e crescita del capitale.
In siffatto contesto, emergono potenzialità e prospettive interessanti anche per la consulenza finanziaria alle famiglie che oggi non si avvalgono di un referente per la gestione delle proprie finanze, con aperture e propensioni crescenti.
La buona tenuta della capacità di risparmio, la percezione di una pressione fiscale stabile e una propensione al consumo in lieve ripresa, rappresentano indicatori positivi che, tuttavia, si scontrano con l’assenza del necessario livello di fiducia riposto dai piccoli investitori nel mondo degli investimenti finanziari (fattore richiesto per ottimizzare la gestione delle risorse economiche e lo sviluppo di una visione prospettica).
Il futuro per le famiglie rimane ancora incerto e indecifrabile, sia per il proprio nucleo sia, soprattutto, per il nostro Paese. Nel report si sottolinea che su questo –l'industria del risparmio gestito e finanziaria in generale- da sola non potrà essere risolutiva, ma le previsioni al rialzo del PIL Italiano per il 2017 annunciate dal Governo con il Def proprio in questi giorni potrebbero essere un primo segnale positivo su cui innestare il percorso di ripresa tanto atteso dalle famiglie e dal Paese.
Ma per portare le famiglie fuori dalla logica della semplice accumulazione della liquidità, dovrebbero essere messi a punto e proposti strumenti in grado di marginalizzare la logica dell’accumulo e instillare comportamenti virtuosi.
Durante il 2016, si è parlato molto di scelte previdenziali e prodotti pensionistici. Lo spazio mediatico è cresciuto, la visibilità anche, e l’arrivo delle buste arancioni ha fatto il resto. I dati elaborati nello studio evidenziano che le famiglie italiane iniziano a prendere coscienza e a razionalizzare il tema. Ma i dati ci dicono anche che ad una presa di coscienza non corrisponde una maggior intenzione di ricorrere a prodotti previdenziali strutturati.