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Calcolare il rischio politico
Anche chi segue distrattamente le news finanziarie probabilmente sa che la vittoria al primo turno delle elezioni presidenziali francesi da parte di Emmanuel Macron ha portato a un robusto incremento degli asset europei, con le varie borse continentali che hanno guadagnato lunedì circa il 4%. La settimana scorsa avevamo visto che la minaccia di un conflitto devastante nella penisola coreana fosse stata praticamente ignorata dagli investitori, sull'umore dei quali invece un più prosaico rischio politico influisce, e non poco.
Vale quindi la pena capire come influenzano i mercati determinati rischi di tipo non prettamente quantitativo, quali, appunto, quelli politici. Innanzitutto essi possono operare in due maniere: o spingendo al ribasso mercati già fragili per altre ragioni o danneggiando il potenziale di rialzo in un quadro complessivamente favorevole. In Francia e un po' in tutta Europa siamo chiaramente attualmente nel secondo scenario, mentre nei primi mesi dell'anno scorso eravamo nel primo.
Ovviamente non vi è simmetria fra i due ambienti: se già l'economia è debole, l'aggiunta di elementi irrazionali a livello di gestione politica avrà un impatto devastante, mentre nel caso opposto è possibile che altri fattori rialzisti prevalgano.
Come possiamo stimare i danni dei vari rischi? Ovviamente misure perfette non esistono, ma un approccio si può tentare con tecniche sorprendentemente semplici. Una di esse è misurare l'impatto di un determinato problema sull'equity risk premium. Ad esempio, si sarebbe potuto calcolare quali danni avrebbe fatto sulla stringa futura dei profitti delle aziende europee, sulla distribuzione dei loro dividendi e sul rating complessivo delle aziende, il tutto al netto dell'andamento dei tassi di interesse, un ipotetico scontro al secondo turno fra Le Pen e Melenchon, i due candidati considerati più anti-sistema.
È importante tenere a mente sia l'impatto sui conti delle aziende, una proxy degli eventuali danni economici, sia l'andamento dei rendimenti dei titoli di stato. Ad esempio, se tornasse in Europa una doppia politica incentrata su stretta monetaria e austerità fiscale, avremmo rendimenti più elevati dei bond e minori profitti, con una conseguente diminuzione dell'Erp in ogni sua componente.
Inoltre ogni questione va analizzata in termini probabilistici: in parole povere bisogna assegnare una determinata probabilità che il disastro si avveri. Detto ciò, non è necessario che si tratti di valori cardinali (veri e propri numeri), bensì è possibile stimare una fascia di probabilità.
Qualora il mercato, a fronte di un rischio potenzialmente dall'impatto devastante, stimi una probabilità eccessivamente piccola, si creano opportunità interessanti. Un caso sintomatico è stato il referendum sulla Brexit, che ha colto i mercati alla sprovvista. Esso rappresentava la tipica situazione asimmetrica, in cui una vittoria del sì avrebbe cambiato poco o nulla, mentre quella del no, almeno per qualche giorno, ha devastato i mercati. Va anche aggiunto che i rischi evolvono: la stessa Brexit e la vittoria di Trump da guai si sono trasformati in elementi pro-crescita.
Resta da definire matematicamente perché i pericoli oltre una certa soglia, come appunto le guerre e le catastrofi, non vengano presi in considerazione. Per fare questo calcoliamo l'Erp come rapporto fra il fair value del mercato azionario, influenzato per l'appunto da possibili disastri politici, al numeratore e i prezzi delle obbligazioni più sicure (essenzialmente Treasury e Bund) al denominatore. Più elevata è questa frazione, migliori sono le prospettive: in caso di crisi finanziaria, come quella del 2008, i prezzi dei bond aumentano a dismisura per il flight-to-quality e l'inversione della politica monetaria, mentre il fair value potenziale azionario diminuisce fino a che ovviamente non si esagera con i ribassi, i fondamentali si stabilizzano e si inverte la tendenza.
Però anche man mano che entrambi, numeratore e nominatore, calano tendendo a 0, diminuirà la precisione del nostro modello, fino al limite di 0/0, lo scenario di Armageddon in cui sia debito sia equity non varrebbero nulla, che notoriamente è matematicamente indeterminato.
In poche parole i rischi potenzialmente più devastanti sono quelli che portano a un'inversione fra uno scenario di boom fatto di prezzi dei bond in moderato calo (e rendimenti quindi in rialzo) e un maggiore potenziale di profitto e liquidità delle aziende a un rovesciamento del rapporto esaminato, ossia da un sistema non solo in crescita ma in accelerazione della crescita a uno recessivo.