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Tassi Usa: la Fed potrebbe rallentare il ciclo ribassista

Le promesse anticipate dall'Amministrazione Trump potrebbero influire sull'inflazione, limitando lo spazio per ulteriori riduzioni dei tassi nel 2025. In particolare, le politiche fiscali e commerciali potrebbero far alzare l'inflazione, spingendo la Fed ad aumentare i tassi nel prossimo anno.

19/11/2024
wall street
Analisi sulla politica monetaria della Fed

Il taglio dei tassi di interesse deciso dalla Fed a inizio novembre - di 25 punti base, a un intervallo compreso tra il 4,50 e il 4,75% - rappresenta un elemento cruciale nelle previsioni economiche per i prossimi mesi. Sebbene le elezioni presidenziali abbiano visto la sorprendente ampia vittoria dei repubblicani, le implicazioni di questa decisione (il secondo taglio consecutivo, che segue il primo, dopo quattro anni, deciso lo scorso settembre) e dell'orientamento politico in corso (con il testimone ceduto dai democratici), in particolare sotto la leadership di Donald Trump, secondo gli esperti potrebbero avere ripercussioni significative sull’economia, sulla politica monetaria e sui mercati finanziari.

Un altro taglio atteso a dicembre

Questo taglio è stato letto come una risposta alla necessità di stimolare l’economia, in un contesto di crescita moderata, ma anche come un tentativo più prudente (il taglio di settembre è stato di 50 punti base) di affrontare i persistenti timori legati all'inflazione e alla stabilità economica. Infatti, è probabile che la Fed continui su questa traiettoria, con un altro taglio dei tassi atteso – secondo il consensus di mercato - per dicembre. Ma chi si aspettava fino a poco tempo fa una politica monetaria accomodante più aggressiva deve rivedere i propri obiettivi. Gli esperti manifestano non pochi dubbi per le dinamiche politiche e fiscali, soprattutto quelle legate all'Amministrazione Trump.

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Timori tra ritorno dell’inflazione e crescita robusta

Per questo motivo, secondo Mark Dowding, fixed income CIO di RBC BlueBay AM, nel medio termine la Fed è destinata a mantenere una politica monetaria più equilibrata, con tassi di interesse potenzialmente più alti rispetto alle aspettative di molti. Ma non sono solo le minacce di un ritorno dell’inflazione a frenare i policy makers. Sebbene ci sia ancora margine per ulteriori riduzioni, bisogna prendere atto che la crescita economica negli Stati Uniti rimane robusta, e le ‘promesse’ (in campagna elettorale) di decisioni politiche e fiscali – in particolare quelle che influirebbero sull'aumento dell'inflazione – potrebbero limitare la capacità della Fed di continuare a ridurre i tassi nel 2025.

Si volta pagina con la politica dei repubblicani

Un altro aspetto cruciale riguarda infatti l'orientamento fiscale e le politiche commerciali sotto la guida dei repubblicani. Le scelte politiche in materia di commercio, immigrazione e fiscalità sono considerate dagli esperti potenzialmente inflazionistiche. Una spinta verso politiche fiscali espansive, unita a misure restrittive (dazi) nell’interscambio internazionale che potrebbero innalzare i costi all’import, rischiano di esercitare pressione sull’inflazione. Questo scenario con tutta probabilità potrebbe ridurre lo spazio di manovra della Fed, costringendola addirittura ad aumentare i tassi nel prossimo anno, nonostante la volontà di Trump di abbassare i tassi, soprattutto quelli a breve termine.

Il dollaro in grande spolvero

Ma gli obiettivi di Trump, che puntano a stimolare l’economia, cozzano con quelli della Fed e i timori legati all’inflazione potrebbero prevalere. Paradossalmente, l’orientamento politico e le politiche repubblicane, in particolare nel commercio, però potrebbero favorire un rafforzamento del dollaro. Le prospettive di una crescita robusta Usa potrebbero portare a un rialzo del biglietto verde, soprattutto nei confronti dell'euro. La Fed, pur con un approccio cautamente accomodante, continuerà a muoversi in direzione opposta rispetto alla Bce, che sembra propensa a un ulteriore allentamento monetario. Ciò potrebbe quindi sostenere il dollaro, attirando flussi di capitali verso gli Stati Uniti.

La Fed non si lascerà influenzare

Álvaro Sanmartín, chief economist di Amchor IS, ritiene che la Fed – stando alle parole del Presidente, Jerome Powell - sia soddisfatta della situazione economica, sia per quanto riguarda l'attività sia per l'inflazione. È dunque altamente probabile, aggiunge, che i tassi vengano ridotti di altri 25 pb a dicembre, ma successivamente i tagli potrebbero avvenire con una frequenza trimestrale anziché mensile. L'obiettivo rimane quello di orientare la politica monetaria verso la neutralità, adattando il ritmo di riduzione dei tassi in base all’evoluzione dei dati economici, piuttosto che su base mensile. Per quanto riguarda l’esito delle elezioni, questo non influenzerà il piano della Fed, che risponderà solo a politiche specifiche, se e quando approvate.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

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