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Corruzione e Trump, i nemici dell’America latina
I mercati brasiliani sono sotto pressione a causa delle ultime notizie e la valuta brasiliana è in questo momento in calo del 7% rispetto al dollaro, lasciando così sul terreno i guadagni ottenuti da inizio anno
Gli scenari probabili sono: impeachment, dimissioni o cancellazione del mandato del Presidente. Quanto più tempo ci vorrà per una soluzione definitiva della situazione politica, peggiore sarà l’impatto sull’economia. I mercati hanno reagito molto negativamente alla notizia che il presidente brasiliano Michel Temer sia stato registrato mentre autorizzava pagamenti in contanti a un esponente politico. Sembra che vi sia un’elevata probabilità che Temer abbandoni l’incarico.
In questo contesto appare quasi impossibile che possano essere varate le importanti ma dolorose riforme che i mercati auspicavano. Nuove elezioni generali non si terranno probabilmente prima del 2018 a causa sia dei vincoli costituzionali, lasciando così il Congresso in una stasi improduttiva. Questo danneggerà la crescita, limiterà l’azione della Banca centrale e sarà negativo per i mercati brasiliani.
Secondo Angel Ortiz, gestore di FF Latin America Fund di Fidelity International, questo è un grosso shock per i mercati, che impatterà negativamente sia il mercato azionario sia quello delle valute. Dopo la crescita molto sostenuta del mercato brasiliano negli ultimi 16 mesi, ci aspettiamo ora una correzione. Tuttavia, queste situazioni, che determinano vendite indiscriminate, offrono di solito l’opportunità di comprare buone società a valutazioni attraenti’, ha affermato il gestore.
L’altra variabile chiave per capire il futuro della region è sicuramente l’operato del neo presidente Usa. Secondo Patrice Lemonnier, head of emerging market equities di Amundi, le elezioni di Trump hanno aumentato la volatilità nei mercati latinoamericani, in particolare la valuta e la borsa del Messico.
L’esperto crede che la maggior parte delle promesse elettorali di Trump dovrebbero avere un impatto negativo sulla regione: l’adeguamento fiscale alle frontiere (B.A.T.) o un’altra forma di barriera all’importazione, se emanati dal Congresso, avrebbero un peso sulle economie latinoamericane e soprattutto sul Messico che esporta oltre l’80% delle proprie merci negli Stati Uniti; l’effetto congiunto di un ampio programma di investimenti infrastrutturali e importanti tagli alle tasse sulle aziende e sui privati potrebbe tradursi, in caso di approvazione del Congresso, in un grosso deficit fiscale che costringerebbe la FED ad inasprire la propria politica monetaria e quindi rafforzare il dollaro americano, innescando un forte deprezzamento delle valute latinoamericane; una politica di immigrazione più aggressiva avrebbe impatti negativi sul Messico (e l’America Centrale) poiché tenderebbe a ridurre le rimesse che i lavoratori messicani negli Stati Uniti mandano a casa; una normativa ambientale meno rigorosa potrebbe favorire la produzione di petrolio (di scisto) e carbone. Ciò potrebbe causare ulteriori pressioni al ribasso sul prezzo di queste due materie prime, influenzando negativamente la Colombia (per la quale l’energia rappresenta una parte molto importante delle proprie esportazioni).
La buona notizia è che, per quanto riguarda i primi tre punti sopra menzionati, il presidente Trump è stato finora incapace e talvolta non disponibile ad attuare le promesse elettorali. Di conseguenza, il mercato latinoamericano e, in particolare quello messicano, si sono ripresi dai timori iniziali.
Ad oggi, i rischi relativi a grandi barriere sull’importazione, un importante deficit fiscale e politiche di immigrazione più aggressive, non sono completamente superati negli Stati Uniti ma sono diventati sempre meno probabili in quanto il Presidente Trump sta in contrando grandi difficoltà ad implementare le proprie promesse elettorali: manca di coerenza nei suoi progetti e non dispone del sostegno del Congresso.