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Il Trump trade? È in Europa
Siamo arrivati quasi a metà anno, un 2017 peraltro caratterizzato, rispetto alle previsioni, da conferme e sorprese. La ruggente ripresa dei mercati del Nord-est dell'Asia, infatti, è avvenuta più o meno nei termini previsti da molti, mentre altrettanto non si può dire delle dinamiche fra Usa ed Europa. Infatti i maggiori elementi di stupore sono costituiti dall'indebolimento del dollaro e dalla sovraperformance dell'azionario europeo e, ancora di più, dall’ampiezza di quest'ultima.
In passato avevamo più volte evidenziato la necessità di una forte ripresa delle banche come pilastro fondamentale per tornare a vedere performance relative decenti sull'azionario europeo. È vero che a livello storico a fine 2016 si era ai massimi in termini di migliori performance accumulate dai primi anni ‘70 dall'equity americano rispetto a quello europeo, con una rara combinazione di crescita dei corsi dell'S&P 500 e del biglietto verde. Però si pensava che l'accelerazione economica globale sarebbe arrivata ancora una volta dagli Usa (e dall'Asia) con l'Europa sempre nel ruolo di traino.
Per il momento, invece, non è stato così: non è che si vedano chissà quali risultati macro nel Vecchio continente, tanto più in termini di Pil nominale, che certo non giustifica grandi fantasie di reflation trade. Ma se le cose dovessero proseguire ai ritmi attuali, l'Eurozona dovrebbe chiudere l'anno in corso con un incremento dell'output economico non troppo lontano dal 2%, mentre gli Usa non dovrebbero registrare valori molto al di sopra di questo livello. Il che equivale a dire che in termini di andamento pro capite oggi Europa e Usa, hic stantibus rebus, più o meno si equivalgono.
Per il momento dunque dobbiamo dire bye bye all'obiettivo di vedere l'economia americana in aumento di oltre il 3%, con tutto ciò che ne consegue in termini di scelte di politica monetaria, potenzialità di aumento dei profitti, rendimenti obbligazionari lungo tutta la filiera della duration e delle caratteristiche creditizie ed equity risk premia. Di fronte alla solita mediocrità, in effetti, non è illogico concentrarsi su mercati cari come gli Usa per i temi più growth, come l'It, e su quelli a più buon mercato per storie di recupero di valore. Tanto più se una simile tesi viene supportata a livello politico, come sta avvenendo in Europa, da un atteggiamento meno voglioso di austerità.
Curiosamente, se analizziamo l'andamento dei vari segmenti dello Stoxx 600 pan-europeo da fine 2016 a oggi, troviamo risultati interessanti, che sembrano confermare quanto elaborato in queste righe. Infatti, a fronte di un indice in ascesa del 9,1%, vediamo che banche (+8,3%), auto e componenti (+7,4%), telecom (+6,8%), media (+6,4%), beni di consumo discrezionale (+9,8%) o hanno sottoperformato o hanno pareggiato l'indice.
Si sono invece viste superperformance nell'It (+19,3%), al pari del resto del mondo, nei materiali di base e nelle costruzioni (+13,6%), nei chimici +(11,6%), nei servizi finanziari non bancari (+19%), nei beni e servizi industriali (+13,4%). Come si vede un mix che sembra favorire più gli elementi b2b che quelli incentrati sui consumi; in quest'ultimo ambito peraltro performance brillanti hanno mostrato soprattutto il sempiterno comparto delle staples (+12,5%), in cui in effetti l'Europa vanta alcune delle migliori aziende del mondo.
A spingere sono state prospettive di maggiori investimenti, la ripresa globale, una maggiore chiarezza a livello di regolamenti finanziari e i corsi degli asset in crescita che favoriscono l'intelaiatura finanziaria: doveva essere il panorama previsto per gli Usa del 2017 e invece lo troviamo in Europa.
È sostenibile tutto ciò? Qualche dubbio c’è. Una volta che in parte è stato chiuso il gap con i multipli del mercato statunitense (non siamo molto lontani anche incorporando il buon andamento dei profitti finora dimostrato nel 2017), un mercato con pochi temi ad alta crescita, come biotech e It, difficilmente può continuare a sovraperformare sul medio periodo grazie al neo-keynesianesimo imperante (per ora solo a parole).