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Media, il futuro è quasi prossimo

01/07/2017

Chi opera in finanza ha praticamente l’obbligo di cercare di capire il futuro, poiché i mercati tendono a prezzare i possibili sviluppi di un dato settore o di un’azienda: chi acquista un’azione trova incorporato nel prezzo, nel bene e nel male, non l’andamento attuale, ma quello che una data impresa avrà negli anni a venire. E in questo caso gli scenari ipotizzabili non hanno nulla a che vedere con la fantascienza o il fantasy, ma con soldi veri, sonanti, che si devono buttare sul tavolo subito o in un futuro molto prossimo.

Spesso si sente parlare delle nuove tecnologie, specificatamente della robotica e dell'intelligenza artificiale, come di strumenti che sconvolgeranno completamente il mondo che conosciamo, soprattutto a livello occupazionale, con una possibile semi-scomparsa del lavoro a tutti i livelli.

Se misuriamo il livello tecnologico di vari paesi, in termini di stock ed età del capitale installato, scopriamo che le realtà più avanzate sono Danimarca, Canada, Irlanda, Regno Unito, Australia, Svezia, Giappone, Corea del Sud e, naturalmente, gli Usa, tutte nazioni che, pur nei modesti limiti di un'era di problemi strutturali, presentano un quadro di crescita del Pil e di occupazione a livelli quanto meno presentabili.

Questo per dire che finora la Ai apocalypse (apocalisse dell’intelligenza artificiale) non si è vista, anche se ovviamente è presto per dirlo. La storia umana è piena di nuovi prodotti e servizi il cui impatto iniziale non è stato granché per poi portare in pochi anni a cambiamenti impensabili. In fondo vent'anni fa l'impatto di Amazon sulla grande distribuzione non era rilevante e neppure quello dei nuovi media su quelli tradizionali. Sappiamo poi come è finita.

Secondo il principio per il quale il futuro è inconoscibile pensare oggi di tratteggiare un quadro generale non è realistico. Uno sviluppo però potrebbe essere ragionevole, se (ribadiamo che si tratta di un gigantesco se) si dovesse arrivare a una diminuzione storica dell'occupazione: allora probabilmente cambierebbero in maniera irrimediabile diverse abitudini di consumo.

Specificatamente mettiamo che si arrivi a un mix di reddito di cittadinanza, espansione dei lavori socialmente utili, part-time generalizzato e altre forme di non-lavoro vi sarebbe un'abbondanza di tempo libero come mai c’è stata nella storia. A quel punto non sarebbe impensabile ipotizzare che una sempre maggiore fetta della popolazione si darebbe non solo al consumo, ma in misura ancora maggiore alla creazione di contenuti più o meno creativi e/o di intrattenimento. Un po' per noia, un po' per tentare di emergere in un mondo di opportunità tradizionali ridotte.

Ovvio, in uno scenario di questo genere, chiedersi quale effetto tutto ciò potrebbe avere sull'industria dei media. Una risposta abbastanza scontata può essere articolata nell'idea di un'ulteriore crescita e di un ulteriore rafforzamento delle aziende con posizioni dominanti nel campo dei social media.

Non è detto però che il percorso sia così lineare: innanzitutto il modello attuale di questi gruppi è basato su enormi flussi di pubblicità dal valore unitario non esattamente elevato. Di recente abbiamo visto il sorgere di alcune polemiche perché alcune delle maggiori piattaforme di programmatic advertising collocavano pubblicità su troppi contenuti di nicchia o estremisti.

Ancora: non appare incredibile immaginare una svalutazione del valore unitario della pubblicità e una crescita del potere contrattuale per i budget delle aziende. Da qui discende che probabilmente il mondo dei media andrà incontro a un'ulteriore concentrazione, dopo quella già enorme degli ultimi anni, in quanto non ci sarebbero le possibilità di sostentamento per l'attuale numero di player.

Gli attuali giganti di internet sono ovviamente in una posizione privilegiata, ma non è però detto che una simile inflazione di contenuti, con conseguente deflazione di costi e ricavi unitari, si traduca alla fine in un effetto positivo sui conti, nonostante gli ovvi vantaggi che un quasi-monopolio nella distribuzione comporterebbe. O quanto meno il meccanismo non è così scontato.

A cura di: Boris Secciani

Parole chiave:

Media Tecnologia Occupazione Futuro
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