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Il rischio paese continua a latitare
Le intense iniezioni di liquidità realizzate dalle principali banche centrali dei paesi industrializzati, hanno provocato una sensibile contrazione dei risk premium, tale da annullare la percezione del rischio associato a ciascun paese.
Il fenomeno è stato talmente intenso da mettere in moto un restringimento dei differenziali sovrani. Nelle ultime settimane si è verificato un moderato allentamento del fenomeno, che riflette le incertezze sulle tensioni geopolitiche (scalata delle tensioni con la Corea del Nord). Dal punto di vista strettamente economico, la maggiore tensione è da imputare alla rivalutazione dell’euro rispetto al dollaro Usa.
L’enorme volume di liquidità liberato dalla banche centrali con l’adozione della politica monetaria ultra-lassa dei tassi zero e delle iniezioni di liquidità, continua a dare i suoi frutti. L’avversione al rischio si mantiene sui livelli più bassi da un decennio a questa parte. Per ora non ci sono segnali che indichino l’arrivo di grandi cambiamenti sui mercati finanziari. Gli attuali livelli dei risk premium non offrono indicazioni affidabili neanche se si allunga l’orizzonte a medio termine (due o tre anni).
La maggior parte dei credit default swaps (cds, assicurazioni sull’insolvenza del rischio del debito sovrano) si posizionano sui minimi storici o in prossimità di tali livelli. La situazione è tale da convincere la maggior parte degli esperti a escludere l’ipotesi di ulteriori riduzioni a causa dell’assenza di margini di manovra al ribasso. Attualmente, molti cds quotano su livelli inferiori a quelli di ‘equilibrio’ (vale a dire che il costo del denaro per alcuni paesi è inferiore a quello che dovrebbe rispecchiare i rispettivi fondamentali macroeconomici di lungo termine). Un conseguenza del fenomeno è il rinnovato appetito degli operatori di mercato per qualsiasi tipo di asset che sia in grado di offrire un rendimento positivo al netto dell’inflazione.
I tassi d’interesse ai minimi influenzano inevitabilmente anche le scelte delle aziende, che continuano a emettere grandi quantità di obbligazioni per approfittare della presenza di condizioni molto favorevoli. Una situazione che desta preoccupazione tra gli operatori è quella della Cina, paese in cui l’indebitamento di imprese e famiglie sta crescendo a ritmi sostenuti. Otto trimestri di crescita consecutiva del mercato creditizio sembrano aver convinto le autorità di Pechino ad adottare misure per frenare la potenziale creazione di una bolla tale da innescare una crisi bancaria sistemica.
Tornando al rischio paese, è possibile notare come il quantitave easing delle banche centrali abbia creato delle anomalie evidenti. Basti pensare alla Grecia, che fino a poco tempo addietro era nell’occhio del ciclone per l’impossibilità di trovare una soluzione al problema del suo debito. Nelle ultime settimane, Atene ha beneficiato di un upgrade (promozione) del suo livello di affidabilità creditizia da parte di Moody’s e Fitch. Secondo molti esperti, la ragione di tale provvedimento va divisa equamente tra le politiche di Tsipras e le decisioni di Mario Draghi in materia di politica monetaria. Lo stesso trend ha permesso di centrare un miglioramento del rating ad altri paesi: Slovenia, Islanda, Cile e Qatar. Gli unici paesi a non beneficiare del fenomeno Qe sono stati il Sudafrica e il Venezuela che, per motivi puramente domestici, hanno sperimentato un peggioramento dei rispettivi rating.
Gli esperti individuano alcuni motivi di preoccupazione in alcune economie avanzate: segnali di rapida crescita dei livelli di indebitamento privato e delle quotazioni degli immobili in paesi come Canada, Australia, Norvegia, ma anche in alcuni stati dell’Eurozona come Germania, Olanda e Finlandia. Negli ultimi tempi, un segnale d’allarme è pervenuto anche dall’accelerazione del mercato del credito statunitense.